Venezia affonda sotto i colpi di Toronto

L'ultima moda tra registi e produttori: snobbare il costoso Lido per partecipare alla concomitante kermesse oltreoceano. Dove si fanno affari migliori...

Venezia affonda sotto i colpi di Toronto

«Il festival di Venezia? Pare una grande conferenza stampa per quelli che lavorano a Roma. Se lo stesso film esce a Roma il giorno dopo, è un festival per la città di Venezia? Troppo poco. Allora è un festival per il mercato? Il mercato a Venezia non c'è. Il mio obiettivo è proteggere il mio film, valorizzarlo. Siccome è un serio film autobiografico, preferisco fare esercizio di nudismo dove non mi conosce nessuno. E dove c'è un pubblico che applaude o fischia senza preconcetti. A Venezia c'è una platea fatta da professionisti. A Toronto non devono sapere per forza come sei fatto,o chi sei, per vedere il tuo film», dice Daniele Luchetti al Giornale, autore che snobba il Lido, portando al festival di Toronto Anni felici. Luchetti racconta a cuore aperto la drammatica storia di suo padre, scultore eccentrico morto di cancro a cinquant'anni (nel film, Kim Rossi Stuart) e di sua madre (Micaela Ramazzotti), pragmatica commerciante: «Ora mi sembra più vero il film della vita che ho vissuto». Giusto, quindi, evitare il Colosseo veneziano e proporsi alla scelta del popolo: a Toronto il premio People's Choice lo dà il pubblico, non la giuria. Pur dichiarandosi «affezionato a Venezia, dove, da ragazzetto, andavo col treno notturno, dormendo sulla reticella dei bagagli e cercando di farmi assumere come aiuto-regista da Antonioni, che invece parlava solo di automobilismo», Luchetti è capofila d'una «tendenza Toronto».

Preferire il TIFF al Lido è trend che si consolida, mentre la recessione erode i margini e i produttori affrontano il mercato globale. Anche per la tempistica, il dirottamento è automatico: Venezia si svolge dal 28 al 7 settembre, Toronto dal 5 al 15 settembre. Nessun producer Usa si sobbarca la spesa elevata d'una trasferta in Europa, per visionare film che passano al TIFF, dove, nel più grande festival urbano internazionale, si proiettano 370 film di oltre 70 paesi, per più di 400.000 spettatori. Col suo fascino decadente, Venezia vince sul fronte estetico e pazienza per le star assenti: nella 70esima edizione il tappeto rosso resta arrotolato. Ma Toronto è città vivibile, organizzata, dai costi ragionevoli.

Così Paolo Del Brocco, amministratore delegato di Rai Cinema, che nella capitale canadese presenta L'intrepido di Gianni Amelio, in concorso al Lido: «I grandi festival incidono moltissimo sugli incassi d'un film: possono cambiarne la storia commerciale. E il nostro obiettivo è rendere visibili i nostri prodotti», afferma il manager. «Venezia è poco redditizia ed è molto costosa: manca l'equilibrio tra costi e benefici», aggiunge Marzia Milanesi, curatrice dei film di Amelio, di casa a Toronto, dove l'anno scorso lanciò Il primo uomo. Per promuovere un film, insomma, ci vuole il giusto rapporto tra spesa e ricavo. Per questo La grande bellezza di Paolo Sorrentino, dopo essere stato al festival di Cannes, avrà una prima canadese.

Al Lido una camera singola in affitto da privati, o in un B&B medio-basso, va da un minimo di 500 euro a un massimo di 1.200 al giorno. I cinefili rotti a tutto affittano una stanza per due e ci si ficcano in sei, sperando d'imbucarsi alle feste, a scopo alimentare. «Ma non ci sono più le feste d'una volta. Che senso ha andare a un party dove trovi la stessa gente col jeans di mezzogiorno e mangi tartine secche?»,commenta Enrico Lucherini, al Lido per Ettore Scola, fuori concorso con Che strano chiamarsi Federico, ritratto del Mago di Rimini. «Chiuso in albergo con Ettore», Lucherini lavorerà all'antica. Ma la nipote Benedetta vola al TIFF per promuovere The Fifth Estate, il film su WikiLeaks acquisito da Rai Cinema. Già, gli alberghi, capitolo dolente… Nei giorni del festival, una singola all'Excelsior costa minimo 700 euro a notte: le «delegazioni» richiedono un esborso notevole.

Anche se Venezia torna alla sua vocazione primaria, il cinema d'arte, come non pensare che Cannes, restando in Europa, guarda al mercato senza perdere di vista gli autori? «Con gli anni, Venezia è rimasta indecisa fra business e arte. Müller cercava di rimediare al dilemma, Barbera ha deciso una virata verso l'essenza originaria della Mostra. Vedremo se tale scelta ridarà al Lido la sua unicità o se sarà un autogol. Anche all'interno del cinema più commerciale, spesso ci sono i migliori film d'arte.

Mai sottovalutare il rapporto tra prodotto d'autore e risultato in sala. Non è Barbera che ha deciso di evitare i grandi film. Sono i grandi film che hanno deciso di non andare a Venezia. È la storia della volpe e l'uva». Parola di Enrico Vanzina, uno che di cinema e mercato se ne intende.

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