Waits e Richards guidano l'arrembaggio dei pirati del rock

Esce il secondo capitolo della saga musicale su marinai e bucanieri

Waits e Richards guidano l'arrembaggio dei pirati del rock

Due voci cupe e sguaiate biascicano Shenandoah (uno dei canti marinari più famosi, pubblicato per la prima volta nel 1882 e di incerte origini) accompagnati da uno scarno violino. Non sono uomini della ciurma del pirata Morgan, ma Tom Waits e Keith Richards, due dei mille nomi eccellenti che animano Son of Rogues Gallery, doppio cd-secondo capitolo dell'album sulle maramalde canzoni dei pirati voluti nel 2006 dal produttore Hal Willner, dal regista Gore Verbinski e da Johnny Depp a corollario di un episodio dei Pirati dei Caraibi. Un matrimonio quasi scontato, quello tra pirati e rocker; entrambi trasgressivi, ribelli, amanti delle orge e dell'alcool. «Come le rockstar giocavano ogni giorno con la morte», ricorda Verbinski. «Il lurido pirata, simile a uno spaventapasseri, sedeva coi gomiti sul tavolo già in stato di avanzata ubriachezza. A un tratto intonò la sua solita canzone: “15 uomini sulla cassa del morto (e la ciurma in coro yo ho ho e una bottiglia di rum) il bere e il diavolo avevano spacciato gli altri”». Pensando a questo passo de L'isola del tesoro e a Long John Silver si spiega perché i rocker abbiano sempre avuto uno strano feeling con bucanieri e filibustieri e tagliagole con teschi tatuati un po' ovunque.
Da Pete Seeger (What Shall We Do With a Drunken Sailor) ai Sex Pistols che nel film La grande truffa del r'n'r veleggiano su un brigantino punk sgolandosi in Friggin' in the Riggin', ai Motley Crue (come veniva chiamata una banda di marinai particolarmente indisciplinata) tutti hanno celebrato il mito dei corsari. Ma mai con la passione tematica con cui hanno operato Willner e i suoi che «hanno partorito un secondo figlio» cui hanno preso parte, fra i tantissimi altri, Shane MacGowan, Patti Smith che duetta con Depp, Nick Cave, Michael Stipe con Courtney Love, il vecchio leone Todd Rundgren, il vulcanico Frank Zappa con un delizioso strumentale, il pianista di New Orleans Dr. John. Un quarto delle canzoni vengono dal primo progetto e Willner ne racconta il divenire. «Avevamo alcune canzoni registrate dalla nostra house band, i Jack Shit composti dalla sezione ritmica degli Imposters di Elvis Costello e dal chitarrista di Jackson Browne, che all'epoca non avevamo completato ed erano ancora in cerca di un cantante. Abbiamo sempre avuto in mente di realizzare un volume due perché Waits, Richard e MacGowan, che avrebbero voluto essere con noi già allora, non ce l'avevano fatta ad arrivare in tempo e volevano comunque partecipare. Solo se il primo disco fosse stato un fiasco totale, cosa che per fortuna non è avvenuta, non avremmo ripreso in mano il progetto». Il doppio album si apre proprio con MacGowan che - in toni folk punk - rilegge Leaving of Liverpool (nota anche come Fare The Well My Own True Love) lamento di un marinaio che da Liverpool parte per un lunghissimo viaggio in America lasciando tutto ciò che ha.

«Sono due dischi dalle vite molto differenti, anche se entrambi sono partiti da un'esplorazione di quel tesoro nascosto che è lo sterminato patrimonio della nostra musica folk», avverte Willner.

L'album è prezioso sia per la bellezza dei brani sia per i sussulti con cui, nelle varie rivisitazioni, cambiano clima e atmosfera toccando i canti di lavoro («sea chanteys») e le ballate dark di cui splendidi esempi sono Rio Grande nella strepitosa versione di Michael Stipe e Courtney Love e General Taylor di Richard Thompson. Molto evocativa anche In Lure of the Tropics, di Dr John, guidata dalle percussioni e tratta da una poesia di Clarence Leonard Hay.

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