La spia che trucidò Trotskij

«Il killer mandato da Stalin impugnò con due mani la piccozza e con tutte le forze chiudendo gli occhi la calò sulla testa di Trotskij, sfondandogli il cranio. La vittima lanciò un lungo grido, ebbe la forza di balzare in piedi, addentare la mano dell’assalitore che lo scagliò a terra da dove si rialzò riuscendo a fare alcuni passi verso la porta, appoggiarsi allo stipite e cadere infine nell’altra stanza». Così fu descritta al processo la scena efferata dell’uccisione del leader bolscevico antistakanovista Lev Davidovic Bronstein entrato nella storia come Lev Trotskij, che morì 26 ore dopo. Aveva 60 anni.
L’assalitore che agì alle cinque del pomeriggio del 20 agosto 1940 nella casa di Cayocan, in Messico, che era il rifugio di Trotskij, si chiama Ramon Mercader Del Rio, è nato a Barcellona, figlio di una nobile e ricca signora di nome Caridad, maritata a un cattolicissimo benestante. Durante la guerra civile spagnola del 1936-39 il giovane e la madre erano stati reclutati dai Servizi sovietici che nel conflitto si trovavano in Spagna come consiglieri del governo antifranchista repubblicano, e in particolare dal generale Alexander Orlov e Leonid Alexandrovich Eytingon, oltre che dagli italiani Ercoli-Togliatti, Vittorio Vidali, il kominternista triestino, nome di battaglia «Carlos Contreras», con cui era noto quale commissario politico del V Reggimento delle Brigate internazionali, Giulio Cerreti, presidente della «France Navigation» e, quindi, «Signore» del traffico fra Barcellona e Odessa, poi divenuto in Italia presidente della Lega delle cooperative. Questi ultimi erano in strettissimi rapporti con Orlov che, infatti, una volta al sicuro in Usa, ebbe a dichiarare nel 1957, in una audizione al Senato, che aveva agito sempre d’accordo con Togliatti, che era il capo dei consiglieri, in quanto numero due del Komintern, secondo solo a Dimitrov. Ramon e la madre Caridad si imbarcano da Le Havre per gli Stati Uniti dove trovano un largo finanziamento di 300mila dollari, cifra enorme per l’epoca, messo a disposizione dal Partito sovietico. Riescono a influenzare la giovane americana Silvia Ageloff che con la sorella Ruth ha lavorato come segretaria di Trotskij: sono esse che introducono il giovane negli ambienti trotskijsti. Il fatale 20 agosto del 1940, la madre Caridad e l’ufficiale dei servizi sovietici Eytingon accompagnano Ramon a casa di Trotskij che sta in quel momento governando i conigli in giardino. Ramon nasconde la piccozza con il manico accorciato nelle tasche dell’impermeabile. Compiuto il delitto, Ramon viene arrestato dalle guardie della casa di Cayocan e consegnato ai gendarmi messicani. Sarà processato e condannato a vent’anni di reclusione che espiò fino al 1960. Non mostrerà mai pentimento per il suo atto, ma anzi lo considerò un’azione necessaria. Ricevette la medaglia di Eroe dell’Unione Sovietica nello stesso momento in cui la madre venne decorata con l’ordine di Lenin. Si trasferì a Cuba, dove morì misteriosamente nel 1978, senza aver mai rivelato la sua identità e la sua storia.
Il fratello Luis Mercader, professore della Scuola Tecnica superiore di Ingegneria delle telecomunicazioni di Madrid, assieme al giornalista spagnolo German Sanchez, ha pubblicato un completo, ricco e articolato volume intitolato Mio fratello l’assassino di Trotskij che esce ora in Italia da Utet a cura di Fernando Mezzetti, già inviato a Mosca, Pechino e Tokio negli anni dall’80 a oltre il ’90. Quest’opera aggiunge uno scavo ulteriore del personaggio, dei suoi famigliari e di tutto il groviglio dei costumi bolscevichi, dei suoi funzionari, dei suoi apparati.

Un groviglio di abissi infernali che Mezzetti approfondisce con accuratissime e scrupolose ricerche su uomini e fatti di indimenticata perversità: una montagna di errori e delusioni cocenti che hanno segnato il mondo e incarnato la storia del «male assoluto» del Novecento.

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