Lo 007 Figc, le interrogazioni e il caso Lotito

Il procuratore Chiné e il doppio incarico. Per il calcio è ok, ma in Parlamento...

Lo 007 Figc, le interrogazioni e il caso Lotito

Giuseppe Chiné, capo gabinetto del ministro dell'Economia e delle Finanze Franco, è al centro di un caso molto curioso. Sul suo conto, in sequenza, al Senato prima e alla Camera dei deputati in questi giorni, sono state depositate due interrogazioni che lo riguardano. La singolarità è che si riferiscono non alla sua attività principale ma al ruolo di capo della Procura federale della Federcalcio (incarico a titolo gratuito). La prima interrogazione, firmata dalle senatrici Luisa Angrisani (di Sarno, provincia di Salerno) e Margherita Corrado, entrambe ex 5 Stelle poi passate al gruppo misto, non ha ricevuto alcuna risposta. La seconda, a firma dell'onorevole Andrea Del Mastro Delle Vedove, piemontese, di Fratelli d'Italia, è stata depositata il 27 ottobre. Che cosa segnalano? Riferiscono che nella dichiarazione di insussistenza di cause di inconferibilità dell'incarico, presentata dal dottor Chiné in un primo momento è stato omesso il suo ruolo di capo degli 007 del calcio italiano. Il capo gabinetto del Mef ha poi corretto la dichiarazione segnalando che a seguito delle nuove elezioni avvenute in Federcalcio il 22 febbraio 2021 con la rielezione di Gabriele Gravina alla presidenza, ha ricevuto il rinnovo dell'incarico in scadenza il 30 giugno del 2025. Della vicenda si è anche occupata la stessa Federcalcio affidando l'incartamento al presidente della commissione di garanzia Pasquale De Lise, ex presidente del consiglio di stato. Dopo l'accurato esame ha proceduto all'archiviazione per dichiarata insussistenza.

Cestinata dal calcio, la vicenda continua a sopravvivere in politica. E c'è da chiedersi perché tanta attenzione per il ruolo di capo della procura federale del calcio. Di solito, per orientarsi meglio, in questi casi si seguono le indagini dell'ufficio. Negli ultimi mesi, l'attività della procura federale si è concentrata nell'inchiesta che ha portato a processo la Lazio, con il suo presidente Claudio Lotito e il medico sociale. L'inchiesta, nota come quella sui tamponi del centro di Avellino, ha portato alla luce il fatto che Immobile avesse partecipato alla partita col Torino da positivo (entrò nel finale e firmò anche il gol decisivo) e si è conclusa con una pesante squalifica inflitta a Lotito, squalifica che avrebbe determinato - se confermata nei successivi gradi giudizio - la decadenza da consigliere federale del dirigente laziale. Al terzo grado (la Cassazione del calcio), il collegio di garanzia del Coni, presieduto da Franco Frattini (ex ministro del governo Berlusconi, Forza Italia) ha rispedito Lotito alla corte federale affinché rimodulasse la squalifica. Di qui il nuovo verdetto, con una riduzione della pena che ha consentito al presidente della Lazio di restare in consiglio federale.

Il vero nodo del doppio incarico del dottor Chiné è di natura diversa rispetto alle segnalazioni degli interroganti: e cioè il funzionario che gode di grande stima, con quel lavoro di capo gabinetto del ministro Franco, specie nelle settimane che hanno preceduto la compilazione dell'ultima manovra, non è riuscito a occuparsi anche del suo incarico calcistico tanto da aver disertato proprio l'udienza della corte federale da cui Lotito ha ricevuto lo sconto.

Fine del racconto e della storia. Perché il dottor Chiné sia finito improvvisamente al centro dell'attenzione, adesso, è molto più chiaro.

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