La storia insegna: il gruppo conta più del grande assente

Un gruppo coeso è capace di trasformare in energia purissima la perdita di un esponente di spicco

Gli azzuri al Craven Cottage di Londra contro l'Irlanda
Gli azzuri al Craven Cottage di Londra contro l'Irlanda

Chissà se il crac di Montolivo, seguito dal trauma cranico rimediato da Aquilani, suo immediato sostituto, può diventare un pessimo segno premonitore per l'Italia che tra qualche giorno volerà in Brasile per il mondiale nella terra promessa del calcio. Lo choc emotivo subito dall'intera Nazionale e anche dalla panchina azzurra è stato evidente e ha finito col condizionare la testa più che le gambe, almeno nel primo tempo del test di ieri sera a Craven Cottage. Nella sua prima apparizione da capitano del club Italia, il centrocampista più eclettico del drappello di Prandelli è finito in ospedale e il suo mondiale si è trasformato in un incubo. Non è la prima volta che una spedizione così attesa cominci con una smorfia di dolore. È accaduto per esempio nel lontano ormai europeo del 2000 a uno dei pilastri del ct Dino Zoff, Gigi Buffon: a Oslo si ruppe un polso e dovette cedere il passo e la porta a Francesco Toldo diventato uno dei protagonisti della storica semifinale di Amsterdam contro l'Olanda di Rijkaard. Nessuno o quasi si accorse di quell'assenza eccellente, segnalata in modo crudele da Trezeguet nei supplementari della finalissima di Rotterdam.

Un gruppo coeso è capace di trasformare in energia purissima la perdita di un esponente di spicco. Senza Franco Baresi nel '94, negli Usa, la Nazionale di Sacchi poteva considerarsi persa, orfana. E invece tenne botta fino a riaccoglierlo, grazie a una guarigione lampo dopo il menisco, per la finale di Pasadena. Accadde più o meno lo stesso processo nelle pieghe del mondiale tedesco targato 2006 quando Lippi perse nella parte finale del mondiale Nesta, un altro fuoriclasse. Ma non sempre è andata di lusso. In Sud Africa, mondiale del 2010, l'incidente al polpaccio di Pirlo al Sestriere, fu l'inizio di un supplizio diventato, alla fine del girone facile facile, un naufragio clamoroso. Allora gli stessi meccanismi psicologici non funzionarono per l'assenza di un sostituto degno e per la ridotta cifra tecnica e temperamentale del gruppo appesantito da troppi reduci di Berlino.

Non è allora il peso specifico del grande assente che può determinare la rotta azzurra durante il mondiale: semmai è la qualità morale del gruppo, è la fede dei più, è la condizione fisica generale, la resistenza a ogni intemperie, atmosferica e non, a scavare la differenza. Perciò nell'allestire il suo gruppo dei 23, oltre che pesare le qualità tecniche, il Ct scelga un guerriero in più e un "venezia" in meno. Pepito Rossi è sempre una incognita, Cassano proprio no.

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