Manca la vittima, ma c'è già il colpevole: la coppia Infront & Mediaset è, tra squilli di tromba e titoloni sui giornali, nel mirino dei pm di Milano. La nuova frontiera della giustizia di rito ambrosiano corre sulla linea dei diritti televisivi spartiti l'anno scorso fra Mediaset e Sky. Quella gara, secondo i pm di Milano, sarebbe stata truccata dal binomio Infront-Mediaset.
Peccato che, almeno per il momento, si fatichi a capire chi sarebbe il morto di questa storia. Probabilmente potrebbe essere Sky, che in prima battuta aveva vinto l'asta, ma, come tutti sanno, alla fine si arrivò ad un accordo fra le due tv e la Lega porterà a casa per il triennio 2015-18 943 milioni.
Certo, 943 milioni sono tanti ma sono meno di quelli che la Lega avrebbe incassato seguendo lo schema originario. Sky aveva offerto per il pacchetto A (le 8 squadre con più tifosi da collocare su satellite) 357 milioni contro i 350 di Mediaset e per quello B (le stesse 8 ma sul digitale) 422 contro i 280 del competitor. Ma alla fine, dopo un estenuante batti e ribatti, si arrivò appunto ad una soluzione che sembrava e sembra accontentare un po' tutti: Sky, che ha comprato tutta la A con l'esclusiva di 132 partite, e la rivale Mediaset Premium che ha strappato l'esclusiva delle 8 big. Si tratta di un compromesso al ribasso e comunque estorto al gigante di Murdoch? O forse il vaso di coccio è stata la Lega?
No, perchè proprio la Lega avrebbe avallato il pressing della Infront di Marco Bogarelli per rivedere i termini del contratto. E ala fine si convinse della convenienza dell'offerta incrociata fra i due player: oggi i pm ipotizzano la turbativa d'asta, ma occorre ricordare che la soluzione poi adottata fu deliberata all'unanimità con 22 voti a favore, comprese le retrocesse, e la sola Fiorentina astenuta. Il tutto dopo aver ascoltato un giurista che aveva bocciato la cessione dei diritti allo stesso soggetto, per un totale di 248 partite: questa mossa avrebbe infranto la regola, sempre da scandire in inglese, del no single buyer . Insomma, uno non si può prendere tutto, anche se si chiama Rupert Murdoch e non a caso è stato ribattezzato lo Squalo.
Ora, la stessa cosa può essere vista sotto diversi aspetti. E come spesso accade quando si indaga, il non detto, quello cui si allude o è sottinteso, ha una grande rilevanza. Il punto è che la Infront, la multinazionale oggi in mani cinesi, ha un grande potere sulla Lega perchè gestisce i diritti di marketing di molti club, una ventina di società fra la serie A e la serie B. Insomma, l'abbraccio dell'advisor sarebbe di quelli che stritolano e soffocano. L'altro elemento, in bilico fra suggestione e indizio, è il curriculum dell'onnipresente Bogarelli: «pupillo di Adriano Galliani», come ha scritto il Fatto quotidiano, ed ex consigliere di Milan Channel .
Dunque l'advisor che ha portato alla Lega qualcosa come 943 milioni, ha fatto scattare il bonus da 306 milioni previsto dall'offerta «condizionata» presentata da Mediaset e ha messo fine ad un devastante duello fra i due colossi dell'etere, sarebbe stato in realtà un cavallo di Troia del Biscione. Tutto può essere e però questa indagine fa scricchiolare gli equilibri e gli assetti del pallone italiano. Molti autorevoli commentatori sottolineano l'enorme spazio occupato da Infront che qualcuno paragona ad una piovra in azione nel verde degli stadi. E però perfino la Gazzetta dello Sport fa notare che «Infront ha colmato un vuoto che le società hanno lasciato libero». Bogarelli e soci si sono mossi con tempismo e capacità, in pratica senza trovare concorrenza. Ora la Procura mette in discussione la loro costruzione.
Mediaset, in un comunicato, ribadisce di aver agito «nel pieno rispetto delle regole». Ma intanto l'assedio al Biscione va avanti: in tutt'altra vicenda Galliani è indagato per il crac del Parma. Avrebbe preso dagli emiliani a prezzo stracciato il difensore Gabriel Paletta.
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