Giù i veli dell'ipocrisia. Adesso ognun dice la sua sul caso Juventus, ma finalmente si arriva al problema: che forse non è solo quello dei punti-penalità al club (altri processi potrebbero dare dispiaceri peggiori) quanto quello della credibilità della giustizia calcistica e del nostro sport in generale. In aggiunta perché non preoccuparsi del processo di autoflagellazione, con danni annessi, che il nostro pallone riesce a infliggersi? Per esempio, ieri la Juve ha perso (e forse perderà) valore in Borsa e l'idea del delisting si fa più concreta nonostante il costo dell'operazione. La quotazione in Borsa chiede una superiore trasparenza.
Però se vogliamo un calcio, anzi uno sport, per dirla con Andrea Abodi ministro delegato alla materia, «più trasparente, più efficiente e dignitoso, e che punti alla credibilità e alla salvaguardia della reputazione», non basta il pronti via: qualcun si muova. Abodi ieri è sceso in campo armato di buona volontà. Le obiezioni del ministro sulla condanna della Juve sembrano una risposta a questa sintesi di Maurizio Scanavino, a.d. del club: «La sentenza è iniqua e sommaria. E crea preoccupazione perché oggi succede alla Juventus, domani può succedere a qualunque altra squadra». Al di là del tifo e della posizione di parte, la conclusione può essere sottoscritta da chiunque abbia un minimo di testa fredda e cervello fino. A tutti conviene chiarezza e trasparenza immediata. Senza attendere motivazioni come a dover risolvere un rebus. E Abodi conferma: «Spiegare è importante quanto decidere. Aspetto le motivazioni: chi ha responsabilità spieghi perché questa decisione e perché altre no». Detto da un ministro dello sport non è una carezza, semmai uno sventolone.
In realtà il caso Juve rischia di essere un boomerang per il movimento. La Signora ha fatto sistema (questa l'accusa), ma in buona compagnia e il calcio mondiale non potrà ignorare vizi e stravizi. Qualcuno penserà: in Francia, Spagna, magari Inghilterra, si vedono stravaganze, però nessuno fa scandalo. Come fossimo gli unici peccatori. Qui entrano in gioco politica sportiva internazionale e furbizia altrui. Pensiamo piuttosto ai casi interni. La Procura di Napoli indaga sulle plusvalenze del club di ADL, anche se pare prendersela comoda. Se ne parlerà a giugno, a campionato chiuso: ci sarà chi pensa male. Servirebbero sane riforme e magari va chiesto a Lega e Federcalcio, che dovrebbero sorvegliare e garantire la regolarità della serie A, dove sono state finora.
Il ministro ha fatto intuire che si muoverà: «C'è la responsabilità politica di cambiare le regole, nel rispetto dell'autonomia dello sport, perché fenomeni degenerativi vengano limitati e limitata l'interpretazione dei fatti.
Dovrò proporre un intervento per migliorare trasparenza, efficienza, giustizia sportiva e modelli di gestione dello sport professionistico». Dice Abodi che lo sport «a volte è nemico di se stesso». Il caso Juve conferma. Meglio punire tutti e salvare il calcio. Il calcio business, perché quello romantico ha chiuso da decenni.
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