Da Amleto alle fiabe. Ora la Danimarca terrorizza gli inglesi

Il dramma a lieto fine di Eriksen ha caricato i danesi, già eroi per caso nel '92. E Shakespeare...

Da Amleto alle fiabe. Ora la Danimarca terrorizza gli inglesi

Il timore degli inglesi è che il loro compatriota William Shakespeare abbia previsto il fatto, nel suo Amleto: «... C'è del marcio in Danimarca» e ancora: «... un giardino incolto, pieno tutto di malefiche piante...». Per il momento non siamo alla tragedia ma l'aria che tira a Wembley non è di quelle migliori, anche nel ricordo dei danesi eroi per caso, nell'europeo del Novantadue. Mai fidarsi del paese delle fiabe, saranno anche brutti anatroccoli, come scriveva Andersen ma sul campo corrono e fanno e disfano, rispolverando l'inno dei loro tifosi: «We're red, we're white, we're danis dynamite», con traduzione povera «siamo bianchi, siamo rossi, siamo i danesi dinamite». Il fulmine improvviso che ha fermato Eriksen ha dato energia al resto della comitiva, la Danimarca può far saltare il banco, gli allibratori inglesi volano alto, quotano la vittoria danese 17/4 , dunque pagano più di quattro volte la giocata, mentre l'Inghilterra viene data a 1 volta e mezzo la puntata, il pareggio a due e mezzo. Ma, nonostante il previsto e consueto superiority complex inglese, la Danimarca avrà il tifo del resto d'Europa per meriti acquisiti e perché, diciamo la verità, sti inglesi stanno sul naso a loro stessi, depositari del football, inventori del gioco, straricchi con i soldi di arabi, russi e americani ma in fondo poveri di titoli, mai avendo conquistato il campionato europeo potendo mostrare nella loro bacheca una sola coppa del mondo, la famosa Rimet, vinta nel lontanissimo Sessantasei, quando Wembley era ancora in legno con le due torri imperiali e Elisabetta II, regina, aveva appena compiuto anni quaranta. Altri tempi e altra Inghilterra, davvero isolata nella mentalità e negli uomini che la rappresentavano in campo, nessuno nero, il primo fu Viv Anderson, il 27 novembre del Settantotto, contro la Cecoslovacchia anche se gli storici risalgono a Paul Reaney, allora definito mulatto, che nel Sessantotto debuttò con la maglia dei tre leoni di re Riccardo. Oggi la nazionale inglese è un gruppo che non ha pregiudizi razziali anche se nel Paese resistono ciurme di ignoranti violenti che lanciano frutta e berciano nei confronti dei ragazzi di colore. Questa massa di idioti è stata zittita da Raheem Sterling, giamaicano di origine (Kingston) ma inglese a tutti gli effetti, i suoi gol o assist hanno permesso all'Inghilterra di arrivare alla semifinale, Wembley non fischierà il ragazzo, anzi non aspetta altro che un dribbling, un gol, un passaggio verso Harry Kane per rispedire al mittente banane e mele gettate dalle tribune verso il campo, in cento partite.

Wembley sarà nero di folla, sessantamila come non si sentiva e vedeva dai giorni lontani, Boris Johnson ha dato il libera tutti, si gioca come se fuori il mondo non sia accaduto nulla. Sperando che nulla accada stasera, rileggendo l'Amleto, to be or not to be?

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