Stavolta se ne va lui, e non è uno scherzo. Dopo averlo minacciato decine di volte, Maurizio Zamparini lascia davvero il Palermo e lo fa all'improvviso, con una scarna nota in cui «comunica di aver rassegnato le dimissioni. Entro quindici giorni verrà nominato il nuovo presidente, membro e rappresentante di un fondo anglo-americano che si è contrattualmente impegnato ad investire nei progetti del Gruppo Zamparini con priorità iniziale negli investimenti del Palermo Calcio e negli impianti sportivi da realizzare a Palermo, ovvero lo stadio e il centro sportivo». L'obiettivo dei nuovi investitori - assicura Zamparini - è quello di riportare il club in Europa nel giro di 3-5 anni.
Probabilmente dovranno prima riportarlo in serie A, visto che domenica il gol incassato al 90' da Quagliarella ha virtualmente condannato i rosanero alla retrocessione. E forse ha anche dato la spallata decisiva al padre-padrone che tra mille eccessi ha restituito Palermo al grande calcio dopo 32 anni. Rilevò il pacchetto azionario di maggioranza da Franco Sensi nell'estate del 2002, centrò la promozione al secondo anno e per i successivi nove ha regalato ai tifosi siciliani i migliori anni della loro vita, con tre quinti posti in serie A, una finale di coppa Italia e grandi giocatori che proprio da Palermo sono partiti verso una grande carriera.
Grazie a Zamparini il pubblico rosanero ha potuto applaudire campioni del mondo come Grosso, Barzagli e Toni, o i giovanissimi Cavani, Pastore e Dybala, scoperti in Sudamerica e poi rivenduti a peso d'oro. E nel frattempo ha perso il conto degli allenatori: Zamparini, che si presentò licenziando Pruzzo e ingaggiando Glerean, da allora ne ha cambiati altri 27 per un totale di 36 esoneri. Giusto o sbagliato che sia verrà ricordato soprattutto per questo, il suo posto nella storia del calcio se lo è conquistato stabilendo questo record assurdo.
Lo abbiamo criticato e preso in giro più spesso di quanto gli abbiamo detto «bravo», ma ora che si è dimesso, come sempre accade, finiremo per rimpiangerlo.
Perché probabilmente «Zampa» è stato l'ultimo dei presidenti vulcanici: l'ultimo erede dei Rozzi, degli Anconetani e dei Gaucci, un po' folli ma capaci di tenere la provincia quasi al livello degli squadroni. E in un calcio sempre più in mano alle multinazionali straniere l'umanità di un personaggio come lui suscita già nostalgia.
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