L a grande rivalità di oggi nel calcio? Senza dubbio Brasile-Argentina. Le generazioni più giovani hanno imparato così. Ma 64 anni fa era diverso. Chi era al Maracanã il 16 luglio 1950 rimarrà condizionato per sempre da un altro fantasma vestito in bianco e azzurro, non l'Argentina, bensì l'Uruguay. Sono nato soltanto dieci anni dopo, nel 1960, ma mia madre, Marly Duarte dos Santos Cannone, brasiliana di Rio e allora ragazza di 17 anni, era al Maracanã in quel giorno tragico per il calcio brasiliano.
«Alla fine della partita, vidi un giornalista uruguaiano invadere il campo per abbracciare i giocatori. Ebbi voglia di picchiarlo», mi ha ripetuto parecchie volte mia madre. «Non mi ricordo i dettagli della partita. A tutt'oggi, di calcio non ci capisco niente. Ma ricordo che ci andai perchè era la grande occasione di partecipare a un trionfo E mi ricordo della festa che si faceva già prima della partita al Maracanã. C'erano persone di tutte le classi sociali. Io seguii la partita dalle sedie perpetue». Si deve chiarire: le sedie perpetue al Maracanã sono posti fissi che appartengono a determinati proprietari fino ai giorni odierni. Sono diversi dagli abbonati in Italia. E nel Mondiale 1950, questi proprietari titolari delle sedie avevano diritto di andare al Maracanã che si era appena inaugurato. Nel Mondiale 2014, invece, no: i titolari delle sedie in tribuna verranno rimborsati al costo dei biglietti venduti nei loro settori per ciascuna delle sette gare che si giocheranno allo stadio di Rio. Ma oggi i prezzi non permettono ai ceti più bassi della popolazione di pagare per vedere la finale 2014.
Mia madre racconta ancora: «Luís Loureiro, amico dei miei genitori, era titolare di una sedia sola, se non mi sbaglio. Ma riuscì a far entrare tutto il nostro gruppo senza pagare». Lo stadio era strapieno. Si calcolano circa 200mila spettatori tra paganti e non. A un certo punto, i cancelli furono aperti. Molta gente andò dentro senza il biglietto. Roba che pare impensabile nello stadio in cui si giocherà la finale anche il prossimo 13 luglio. Nel 1950 non erto ancora nato, ma io posso vantarmi invece di essere stato al Maracanã in occasione del record ufficiale di pubblico pagante: 183.341 spettatori, il 31 agosto 1969. Il Brasile vinse contro il Paraguay per 1-0, gol di Pelé, per le qualificazioni al Mondiale 1970.
Ma torniamo al racconto di mia madre: «Mi ricordo del silenzio che calò sul Maracanã dopo la partita. Sembrava un'atmosfera da funerale». Ghiggia, autore del secondo gol uruguaiano nella finale 1950 e unico superstite di quella partita a 87 anni, ha proferito una frase diventata celebre: «Solo tre persone sono riuscite a zittire il Maracanã: Frank Sinatra, il Papa ed io». Dopo la fatidica gara, mamma andò con gli amici a una festa (se così si può dire...) nei pressi del Maracanã: «Nessuno toccò il cibo. Nessuno aveva voglia di mangiare. Era tutto pronto per la festa che non si celebrò. C'era uno champagne nel frigorifero. Certamente non lo aprirono».
Nel 1970, all'età di dieci anni, io vidi la rivincita. Il Brasile piegò l'Uruguay nella semifinale del Mondiale messicano per 3-1. Era il Brasile di Pelé, Tostão, Jairzinho, Rivelino, Gérson, Carlos Alberto che poi avrebbe battuto l'Italia di Valcareggi in finale. La mia generazione e quelle successive hanno ancora come grande nemico calcisitico l'Argentina, soprattutto fin dal Mondiale 1978. Poi sono spuntati Maradona, Caniggia, Messi ... Ma chi ha vissuto il 16 luglio non dimentica: il nemico è l'Uruguay.
E mamma voleva quasi prendermi a botte quando le dissi nel 2010 che speravo che la Celeste battesse l'Olanda nella semifinale del Mondiale in Sudafrica. Insomma, cinque titoli mondiali conquistati negli ultimi sessant'anni non sono ancora riusciti a chiudere la ferita del Maracanazo. Almeno per chi lo visse in diretta.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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