I piccoli vantaggi del grande sfacelo

Se non altro la finiremo di raccontarci che l'Italia gioca sempre male le amichevoli pre-Mondiale e persino i turni eliminatori, anzi porta bene cominciare così, perché poi invece diventiamo imbattibili

I piccoli vantaggi del grande sfacelo

Non siamo latini per caso: abbiamo alle spalle generazioni di filosofi. Dovremmo saperlo: anche le sconfitte servono, alcune più delle vittorie. Non è facile crederlo adesso, con il cittì dimesso, il presidente federale dimesso e la squadra in campo molto più dimessa di loro. Eppure bisogna sforzarsi di cogliere il lato positivo. C'è sempre. C'è anche questa volta. Piccoli vantaggi del grande sfacelo.

Se non altro, la finiremo di raccontarci allegramente che l'Italia gioca sempre male le amichevoli pre-Mondiale e persino i turni eliminatori, anzi porta bene cominciare così, perchè poi invece diventiamo imbattibili. Già l'avevamo intuito nel 2010 in Sudafrica, ma evidentemente l'avevamo subito scordato, perchè pure stavolta pareggiare a fatica con il Lussemburgo ci aveva gasati alla grande. Niente, non è una regola. Non è neppure una cabala. Non è nulla di automatico. Giocare malissimo prima del Mondiale e cominciarlo male può essere soltanto un segnale particolare: che proprio siamo scarsi, che proprio giochiamo male perchè non sappiamo giocare meglio.
La finiremo di sorbirci tutti i giorni lo spettacolo sguaiato e cialtrone delle famiglie al seguito, mogli, fidanzate, mamme, zie, procuratori, amici, confidenti, acquisiti, affini, tutti inguaribilmente votati al Tweet simpatico, tutti profondamente convinti di essere interessanti, centrali, fondamentali. Basta con questa pizza delle Wags (Wives and girlfriends, mogli e fidanzate), le Wags de noantri, tutte a raccontarci nei reportage del giornalismo scomodo quanto siano adorabili i calciatori nel privato, soprattutto quanto loro, questi donnini tanto timidi e schivi, li amino alla follia, certo per sempre, fino al prossimo divorzio.

La finiremo di chiederci quanto costi questa spedizione azzurra, mastodontica come l'esodo dall'Egitto, anche se nel caso specifico non mangiano solo manna. Ci hanno mostrato i solerti reporter televisivi quanto fosse accogliente il resort sul mare scelto dall'Italia, uno dei più carini e dei più cari. Qualcuno ha fatto doverosamente notare che ancora una volta noi abbiamo mostrato al mondo il nostro gusto e la nostra eleganza. Sì, la finiremo di chiederci perchè siamo sempre i numeri uno in hotel e poi i numeri zero contro la Costarica. E la finiremo di sentirci dire basta con questo puerile moralismo, qui è tutto spesato dagli sponsor.
La finiremo di ascoltare quanto meticolosamente lo staff abbia preparato la difficile spedizione in quelle condizioni climatiche estreme, con il fiore all'occhiello delle simulazioni in sauna a Coverciano, cose all'avanguardia, tant'è vero che l'Inghilterra aveva i crampi e noi no, e pazienza se poi con Costarica e Uruguay sembravamo fermi e rilassati come in una sauna vera.

La finiremo, se Dio vuole, con questo straparlare di patria e di orgoglio italiano, di tricolori al terrazzo e di facce dipinte, blasfema parodia di un patriottismo che in tutti gli altri giorni dell'anno nemmeno ci passa per l'anticamera del cervello. Dicessimo una buona volta la verità: l'Italia, come Luna Rossa, come il rugby al Flaminio, come il tennis al Foro Italico e come Piazza di Siena ci serve per fare un po' di casino, per tirare tardi la notte tacchinando le ragazze. E Mameli per una sera può pure fare più gioco di Baglioni.

Soprattutto, la finiremo di mandare in giro per il mondo una squadra sopravvalutata, viziata, strapagata, con il solo risultato di farci ridere in faccia da tutti.

Basta, lo strazio è finito. Se io fossi Dante, metterei gli azzurri di questa infornata almeno nel girone degli accidiosi, se non degli ignavi. Diranno loro: non sei Dante. Hanno ragione: io sono Dante come loro sono giocatori.

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