Per la sua ultima gara, oggi, in gigante a Maribor, intreccerà ancora i capelli e ce la metterà tutta, perché tutto deve andare come è sempre stato da quando, a soli 15 anni, 17 inverni fa, proprio da questo timido pendio sloveno, ogni cosa ebbe inizio. Tina Maze è pronta ad aprire il suo ultimo cancelletto di partenza in Coppa. Anche se la nostalgia canaglia solo poche ore fa le ha fatto dire, con ironia, che «non si sa mai, magari ci ripenso».
Tina, si apre l'ultimo cancelletto di gara o ci ripenserà?
«Nel 2015 dovevo fermarmi: il mio corpo ne aveva bisogno».
Perché chiudere con una gara e non con una passerella?
«In gara fino all'ultimo».
I rapporti con la sua federazione non sono mai stati rosei: lei è rinata dal 2009 con un team personale, il team to A-Maze, con molto made in Italy, dal manager ai vari allenatori
«Tutti i big hanno in realtà un team o attenzioni dedicate, da Hirscher a Fenninger, da Shiffrin a Gut. A certi livelli è l'unico modo: lo sci è uno sport individuale».
Fino all'ultimo la ruggine è rimasta: per correre con la tuta della Nazionale vi siete reciprocamente chiesti dei soldi.
«Sono una professionista, non lavoro gratis. Per due anni mi sono tenuta in forma per affrontare questo addio da atleta per il mio Paese. La mia Federazione invece non mi ha tutelato in questo anno in cui ho, al di là dello stop, anche subito un intervento. Non ho ottenuto lo status di infortunata, così parto dopo la top 30. Ora è acqua passata. Corro senza loghi, sono solo Tina».
Un augurio per la Coppa che fa 50 anni?
«Che gli atleti siano davvero tutelati come professionisti».
Che eredità sportiva lascia ai giovani sloveni, da Ilka Stuhec, già fortissima in discesa, ad Ana Drev a Bostjan Kline?
«È li da vedere: un metodo, un sistema. Molti ragazzi Stuhec per prima - hanno in mano le mie tabelle di allenamento, elaborate con Andrea (il friulano Massi, allenatore e anche compagno di Tina ndr) e che ora lui porta avanti anche con la squadra slovena maschile».
Da dove riparte, oltre che dalla musica, Clementina Maze per la seconda manche della vita?
«A dicembre, in Alta Badia ho fatto un concerto rock, ora magari seguirà una mini tournée. Poi ho il mio lavoro da telecronista per Eurosport».
Accanto a Melania Trump, lei è uno dei brand da esportazione della Slovenia.
«Anche lei è dovuta andare all'estero per lavoro».
Roba da scrivere un libro
«Il mio è pronto: si basa sul mio diario e con un giornalista sloveno lo presento a Maribor. Poi mi piacerebbe fare anche un documentario tv sulla mia vita».
Slovenia o Italia?
«Dall'Italia ho imparato il gusto della vita che in Slovenia non abbiamo. Scriva bene, però: intendo dire che sono due Paesi in cui si lavora tantissimo, con la differenza che noi in Slovenia non sappiamo fermarci, voi in Italia sapete staccare. Questo mi ha aiutato anche nei ritmi di allenamento».
Di che cosa avrebbe voglia ora?
«Di un cagnolino, di una famiglia, figli, non so intanto di restare in forma».
Farebbe l'allenatrice?
«Forse la psicologa: aiuterei i giovani sportivi».
Nessun rimpianto per le gare?
«Sa
che cosa vuol dire prendersi i pali tutti i giorni addosso? Pum, pum, pum (e mi colpisce sul braccio, ndr). Inizi da bambina. È innaturale, tanto più per una ragazza. Adesso, basta».Tv: Raisport1 ore 9,15 e 12,15
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