Oggi mercoledì 22 maggio è il giorno. Il giorno, previsto dal cerimoniale rossonero, dedicato agli annunci. Che devono essere necessariamente due: 1) il congedo, possibilmente amichevole, con risoluzione consensuale del contratto, da Massimiliano Allegri libero di potersi accasare con la Roma dopo la finale di coppa Italia; 2) l'arrivo sulla panchina di Clarence Seedorf, cui bisogna concedere il tempo necessario per chiudere le valigie in Brasile, mettere fine alla carriera da calciatore, allestire il suo team di collaboratori e inaugurare il nuovo corso da allenatore, tra patentini virtuali e deroghe da richiedere a Coverciano. Si decide oggi, allora. Dopo una notte di tormenti e anche di contrastate dichiarazioni presidenziali smentite dal sito rossonero, il corso degli eventi non risulta modificato. Nella testa di Silvio Berlusconi, la scelta è maturata da tempo, forse al ritorno da Firenze dopo aver sciupato il match-point per chiudere la questione terzo posto con la Fiorentina dando la caccia decisa al secondo posto.
Non solo, ma le ultime frasi riferite ora da questo ora da quell'altro interlocutore (il presidente di Confindustria Squinzi piuttosto che Aldo Biscardi incrociato giovedì scorso alla manifestazione politica in favore di Alemanno), e rimbalzate dallo stesso staff di Arcore, compongono il registro dei rilievi critici del presidente. I primi, clamorosi dissensi, furono rilanciati dalle immagini tv di una Champions fa, durante la sfida di San Siro col Barcellona di Guardiola (0 a 0 il risultato finale, niente male considerati certi precedenti dell'armata catalana) e sono proseguiti anche dinanzi alla poderosa rimonta di questa stagione (partenza dalla zona retrocessione). L'esclusione di El Shaarawy a Siena, a favore dell'evanescente Niang, è stata la goccia che ha fatto forse traboccare il vaso, ma si tratta come si può capire di un dettaglio dentro una cornice insoddisfacente riferibile alla mentalità, allo stile di gioco e alla gestione dei rapporti con le grandi firme di Milanello. I rapporti personali sono rimasti ottimi, non invece il rendimento professionale. Non si può nascondere che la decisione di lasciar partire Pirlo per la Torino bianconera, avallata dalla società per motivi economici (impossibilità a replicare un triennale da 6 milioni netti l'anno), ha avuto il suo peso sul giudizio complessivo dato all'esperienza di Allegri, lunga 3 anni ormai e scandita da luci e ombre. Certo, c'è stato il mancato bis scudetto, per vicende addebitabili anche ad Allegri (gol di Muntari a parte), ma il vero capolavoro è quello recente, il terzo posto dopo la rinuncia a Ibra, Thiago Silva più 10 grandi vecchi, da Gattuso a Seedorf, Inzaghi e Nesta.
Seedorf può sembrare replicare l'invenzione di Arrigo Sacchi dell'87, anche se - con una battuta - Fedele Confalonieri lo accosta di più a Capello: «Fabio lavorava da noi - racconta - e non faceva l'allenatore. Anche lui fu un'ispirazione del Cavaliere». L'olandese chiamato ad Arcore il professore deve cominciare spianando la collina dai pregiudizi e dalle difficoltà legate a rapporti personali incrinati (leggere qui alcuni esponenti del gruppo, Ambrosini e Bonera per esempio). Lo stesso scetticismo segnalato a Milanello, per Silvio Berlusconi, è uno sprone a insistere sulla sua intuizione. La frase dedicata «ad eventuali riassetti societari» vuol dire una cosa sola: che nessuno può mettersi di traverso rispetto alla scelta presidenziale, da difendere, da accompagnare amorevolmente lungo le prime curve insidiose e con la quale convivere lealmente.
Un solo piccolo vantaggio può derivarne al Milan: una maggiore flessibilità nel gestire le cifre del calcio-mercato per accontentare il debuttante investito di un incarico che farebbe tremare i polsi a Mourinho. Non certo a Seedorf, dotato di un gigantesco ego, ma dotato anche di cultura sportiva e non e di conoscenza del mondo del calcio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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