Traghettatore. Non c’è nulla di più offensivo di questo sostantivo per chi debba affrontare un nuovo impegno. Già vedendo la stazione alla quale scendere dal treno. Gigi Di Biagio non lo merita. E’ un professionista che ha intrapreso la carriera di allenatore all’interno dei quadri federali, ha passato le elementari (Under 20), le medie e il liceo (Under 21), adesso gli tocca l’università azzurra, la nazionale che fu e dovrà tornare ad essere. Ha la valigia gonfia di football, 452 partite tra Lazio, Monza, Foggia, Roma, Inter, Brescia, serie C, la B, la A, le coppe europee, la maglietta cimelio di Cristiano Ronaldo, diciassettenne all’esordio in Champions con lo Sporting contro l’Inter, 32 presenze in nazionale, quel rigore maledetto di Parigi, nei quarti contro la Francia, la vendetta due anni dopo contro Van der Saar e l’Olanda, la fuga notturna con Bobo Vieri dal ritiro di Appiano Gentile, il pugno beccato da quel gentiluomo di Montero suo sodale in cartellini rossi affini, dodici espulsioni, cento ammonizioni, record non proprio dignitoso.
Di Biagio Luigi, romano di Roma, è tutto questo ma anche di più. Un centrocampista rognoso e tignoso, il Nainggolan de noantri, carattere e sofferenza, pronto a giocare in più ruoli, secondo usi del calcio moderno. E adesso la nomina a cittì della nazionale smarrita e svergognata dopo la Svezia, come fu smarrita e svergognata l’Italia del ’66, dopo la Corea, quando la squadra venne affidata per quattro partite alla strana coppia Helenio Herrera Ferruccio Valcareggi. Fu un momento di affascinazione per la grande Inter e il mago si presentò, dopo la prima vittoria in amichevole contro la Russia, dicendo che con lui l’Italia sarebbe arrivata almeno in semifinale a Londra. Gigi Di Biagio non fiaterà contro Ventura, sa bene che le cose di football vanno gestite dentro il sacro spogliatoio, la nazionale ha bisogno di certezze, di un pieno di vitamine per tornare a credere in se stessa, come accadde con Antonio Conte.
Di Biagio ha i documenti a posto, può portarsi appresso l’esperienza dell’Under 21 dalla quale prendere i migliori, Argentina e Inghilterra sono avversari ideali e affatto comodi per capire la pelle del nostro vivaio. Un’eventuale risposta positiva, non soltanto nel risultato già importante visto il censo degli avversari, potrebbe costituire la premessa alla conferma, anzi dovrebbe. La ricerca propagandistica di queste ore sul nome da offrire al pubblico, da Mancini a Conte, da Ancelotti a Ranieri, non è, di certo, un ideale ricostituente per quello che viene definito “traghettatore” e che, invece, può rappresentare il futuro, non soltanto il presente passeggero, del nostro football.
Ma non basta la nomina ad interim, serve, in parallelo, un processo vero, profondo di riforma nel quale inserire il lavoro del commissario tecnico della nazionale. Vent’anni dopo, Gigi Di Biagio riparte da quel pomeriggio di Parigi quando il pallone andò a stamparsi contro la traversa e l’Italia finì la sua corsa mondiale. E’ di nuovo nazionale vera, la sua.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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