Sembra già di sentirli. «Ma siamo sicuri che Buffon sia ancora il numero uno?». Lo faranno sottovoce, per non farsi sentire oltre il capannello di cronisti, e col pretesto di strappare un sorriso. Ma lo faranno. Pare già di sentirli quelli che vorrebbero mettere in croce Gigi Buffon, il portierone nostro appena salito sul gradino più alto delle presenze in Nazionale. Ha sorpassato Fabio Cannavaro, è assiso a quota 137 e minaccia di raggiungere 150 presenze il record strepitoso col quale vorrebbe congedarsi dall'azzurro, non certo dal calcio italiano. A Copenaghen, i due colpi di maglio firmati da Bendtner, hanno consentito alla Danimarca di sfiorare uno storico successo e accarezzare la qualificazione tornata in discussione.
Ma cosa c'entra Buffon? Balzaretti ha alzato la mano e ammesso le sue responsabilità: impietose le foto pubblicate dai quotidiani col danese salito fino a 10-15 centimetri oltre il codino biondo del romanista. «I due gol sono solo colpa mia» ha ripetuto Balzaretti nel tentativo di chiudere il dibattito sulle perfomances di De Silvestri e Ranocchia, compagni di sventura. Il ct ha steso una rete di protezione collettiva: «Questa Nazionale non è nata per difendere». «Abbiamo preso troppi gol nelle ultime partite» l'allarme di Chiellini. Le pagelle dei critici hanno fatto il resto: bocciati senza appello i difensori, appena qualche censura per Gigi, salvato da palo e traversa, discusso per il primo gol, palla schiacciata a terra.
Il Buffon di Berlino 2006 avrebbe fatto un balzo felino ricacciando indietro l'artiglio di Bendtner con una sola mano. Del gruppo è il vero leader, interlocutore privilegiato di Prandelli: quando c'è bisogno di qualcuno che metta la faccia e firmi qualche opinione forte, non banale, eccolo pronto a impugnare lo spadone e a farsi avanti, senza temere domande-trappola.
Anche a Torino, Buffon è stato inseguito da qualche smorfia, addirittura dopo le due stoccate di Muntari, proprio come un anno fa per la beffa subita in apertura durante la sfida col Bayern. Ma alla Juve, come a Coverciano, Conte e Prandelli hanno fatto finta di non sentire. Non per diplomazia, per convinzione. «Buffon non si discute, si ama» è il mantra proveniente dai due ritiri e che sembra incrociarsi con il destino di Totti. «É un giocatore finito» sostennero in tanti appena qualche mese fa, costretti adesso a cestinare quel giudizio frettoloso e immotivato per scoprire la terza giovinezza di Francesco, il romanista più amato e venerato.
Buffon è abituato a questi scarti di giudizi. L'estate scorsa, prima di volare in Brasile per la Confederation cup, vennero celebrate le sue prodezze a Praga. Di là a qualche giorno, cominciò un processo per i gol presi dal Giappone. «Gigi ha le spalle grosse» continua a ripetere Silvano Martina, suo procuratore e amico. «Lo feci esordire a 17 anni perchè a quell'età aveva la personalità di un veterano» il ricordo del suo primo allenatore a Parma, Nevio Scala. Ecco allora la sicurezza del club Italia: possono anche cominciare a picconare il monumento ma Gigi non ne discenderà facilmente. I numeri, e le perfomances, sono tutti dalla sua parte. Finora ha saltato una sola partita, col Chievo a Verona, riposo programmato dopo un inizio di stagione da lode. A Napoli, martedì, completerà la striscia della qualificazione. Forse salterà l'amichevole di metà novembre, con la Germania a San Siro. Ma nessuno s'illuda: Buffon non scenderà dal monumento.
Incerto resta invece l'utilizzo di Balotelli, rimasto in ritiro dopo consulto tra medico e ct. É tornato ad allenarsi dopo 5 giorni di stop, risulta ancora debilitato dalla gastroenterite: pochi minuti e via, sotto le coperte.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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