La cosa più importante da dire, e va detta subito, è che l'Inter è guarita davvero. Non fai 3-3 al Camp Nou se non hai forza e testa, gioco e giocatori. Prima sotto, poi 2 volte in vantaggio e 2 volte raggiunta. E già ampiamente nell'infinito recupero (6 minuti che diventano 7) Asllani ha il pallone per il 3-4 che consegnerebbe tutti i nerazzurri alla storia dell'Inter, ma anziché offrirlo a Mkhitaryan si fa ingolosire dalla gloria personale e calcia maldestramente sul portiere in uscita. Un pareggio colmo di meriti e di rimpianti, che però sulla strada degli ottavi ha il gusto forte della vittoria. Ora Inzaghi è ampiamente favorito su un avversario presuntuoso e spocchioso, per quello che ha detto e soprattutto ha fatto nel doppio confronto diretto, che immaginava di dominare. Tra i meriti dell'Inter, e guai a chi li nega, avere segnato fra andata e ritorno 4 volte alla squadra che guida la Liga e che in campionato ha subito solo un gol in 8 partite. Segna persino Gosens, e senza il bellissimo e ultimo pareggio di Lewandowski, anche per il tedesco dell'Inter ci sarebbe la storia.
Già nella prima mezz'ora, Inzaghi gioca alla pari con Xavi. Accetta i duelli diretti a tutto campo Gavi-Barella e Pedri-Mkhitaryan, tiene molto bassi Dimarco e Dumfries, preoccupato per la spinta di Rafinha e Dembelé (invertiti rispetto a San Siro), ma è sempre pronto a ripartire con velenosi contropiede. Il Barça attacca, ma l'Inter c'è tutta. E se Onana ha bisogno che Miki respinga sulla linea il colpo di testa di Lewandowski, solo la traversa salva il catalano Ter Stegen sul delizioso tocco in controbalzo di Dzeko. Assurdo il successivo errore di De Vrij, che manca il pallone, a 3 metri dalla porta vuota, sennò l'Inter sarebbe già stata in vantaggio dopo poco più di un quarto d'ora.
Il Barça corona verso la fine del pt i 10 minuti migliori della sua intera partita. Numerissimo di Rafinha, Dimarco si piega per la prima volta in partita, bambola in mezzo all'area (Dumfries dorme, Skriniar di più) e Dembelé come un falco sblocca la serata. È qui che l'Inter è brava prima di diventare bravissima. Resta in piedi prima dell'intervallo, quando sembra invece destinata a soccombere; torna in campo motivata ma non frenetica. Attenta e intelligente sì. Lascia sfogare il presuntuoso avversario, in quel momento evidentemente ansioso di cercare il sorpasso negli scontri diretti, e lo punisce in contropiede. Prima la magnifica la combinazione tra Bastoni (classico lancione fatto spesso nelle scorse stagioni) e Barella, che taglia da centravanti, buca Gavi che l'ha inseguito fin lì, e di sinistro batte Ter Stegen.
Poi il numero tra Calha (che intercetta un molle pallone di Busquets) e il Toro Martinez, che raccoglie il lancio del turco e di potenza e prepotenza su Eric Garcia, calcia dal cuore dell'area: doppio palo e gran gol. Il primo dopo 8 partite (è la terza volta in un anno che Martinez si sblocca alla nona), il secondo al Camp Nou, a 7 mesi dal gioiello di Anfield. Gli applausi al Toro, sono gli applausi all'Inter.
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