Missione compiuta, non senza fatica, ma certo anche stavolta con merito largo. L'Inter batte lo Shakhtar (2-0), dominato dall'inizio alla fine, e col terzo eurosuccesso di fila centra gli ottavi di Champions dopo 10 anni, complice la vittoria del Real Madrid con lo Sheriff. Serve un'ora per schiodare il risultato di partenza: merito del modo moderno che De Zerbi sceglie per difendersi, ma soprattutto dell'imprecisione dei nerazzurri, Dzeko su tutti, che poi si fa però ampiamente perdonare con la doppietta che vale la qualificazione (e relativi 20 milioni).
Inzaghi segna un altro punto a proprio favore nell'inevitabile confronto con chi lo ha preceduto in panchina. Il primo è ovviamente quello di essere ancora in piena corsa scudetto, nonostante non ci siano più Lukaku, Hakimi ed Eriksen. Il secondo di aver poco alla volta portato dalla sua parte (quasi) tutte le vedove di Conte.
Il primo tempo scorre veloce con un unico canovaccio: l'Inter che attacca, lo Shakhtar che prova a ripartire, tante occasioni nerazzurre, ma nessun gol. De Zerbi si difende e cerca il contropiede: squadra compatta, prima linea molto alta, centrocampo rinforzato dai due trequartisti più di ruolo che di fatto (Solomon e Pedrinho), lascia giocare Brozovic e nessuna paura di concedere campo a Dzeko e Martinez. Inzaghi non ha fretta e nei primi 20 minuti si accontenta di studiare l'avversario, senza mai alzare il ritmo, quasi aspettando gli eventi. De Zerbi guarda. Poi, improvvisa la fiammata nerazzurra: 4 occasioni in 2 minuti, con gol annullato a Perisic per fuorigioco di Darmian.
L'Inter è propositiva com'è stata dalla prima di campionato, mentre sembra che tutto sia nato contro il Napoli. Inzaghi vuole imporre il suo calcio semplice, senza pretendere di passare per l'inventore di chissà cosa. Sa che l'Inter è più forte dello Shakhtar e sa che il gol è destinato ad arrivare. Non è una legge matematica, sennò prima di ieri non ci sarebbero stati tre 0-0 di fila tra le due squadre, ma quasi sempre funziona e agitarsi può essere dannoso.
Così, il tecnico e la squadra tutta non si scompongono nemmeno quando, dopo 12 minuti del secondo tempo, l'arbitro annulla un gol anche a Martinez, per una spintarella veniale a Matvyenko, cosa assai rara in Europa. La decisione tarda un po' ad arrivare tipo una trentina di secondi - e l'ultimo ad accorgersene è l'indemoniato speaker-tifoso dello stadio, che continua a sollecitare i cori dei tifosi, anche quando il gioco è già ripreso con la punizione ucraina. Esilarante, ma buon per lui e soprattutto per l'Inter che siano solo le prove generali di quello che arriverà poco oltre, per l'uno-due decisivo e spietato di Dkeko (al decimo gol stagionale, il terzo in Champions: applausi).
Il primo gol è didascalico di come sia cambiato in un anno il gioco dell'Inter. Nasce sì da un'azione in contropiede (superlativo l'affondo di Perisic) ma Dzeko è il quinto nerazzurro ad arrivare in area, anzi al limite, per ribattere col destro secco e preciso, la respinta della difesa di De Zerbi.
Lukaku era il solista, la freccia e dietro di lui c'erano le catapulte; Dzeko è uno del coro, il più bravo, a dispetto dell'età. Di testa il raddoppio, sempre da Perisic. Poi il palo salva Handanovic sulla rasoiata ravvicinata di Dodo.
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