La "garra" di Tabarez per guidare l'Uruguay dalla sedia a rotelle

Il Maestro lotta con una neuropatia che gli impedisce di camminare. Ma non di allenare

La "garra" di Tabarez per guidare l'Uruguay dalla sedia a rotelle

In apparenza, un personaggio forbito e pacato come Oscar Washington Tabarez è lontano anni luce dalla tipica garra sudamericana, di cui il suo Uruguay rappresenta uno degli esponenti più noti a livello mondiale. Squadra in campo con il coltello tra i denti, che lotta su ogni pallone come fosse l'ultimo. Eppure se c'è un allenatore capace attualmente di incarnare lo spirito gladiatorio charrua (tribu indigena che abitava nella zona del Rio de la Plata e dalla quale discendono gli uruguagi), questi non può che essere El maestro Tabarez. Dal 2016 infatti la sua lotta quotidiana, ancora prima che contro gli avversari della Celeste, avviene contro la sindrome di Guillain-Barré, una rara patologia che colpisce il sistema nervoso periferico, con serie conseguenze sul sistema motorio. Una neuropatia cronica che ha costretto il tecnico a seguire la squadra avvalendosi in un primo tempo di stampelle, quindi utilizzando una carrozzina elettrica. «A volte sto meglio, a volte peggio», ha dichiarato alla stampa locale. «Di una cosa però sono assolutamente convinto: continuerò ad allenare fino a quando le mie forze me lo consentiranno». Garra non significa solo entrare duri in tackle o annullare fisicamente un avversario.

A 71 anni, Tabarez è il più vecchio ct presente a Russia 2018, ma anche il primatista mondiale per numero di panchine accumulate con la stessa nazionale. Sono infatti 192 le partite ufficiali (incluse le 6 alle Olimpiadi 2012) disputate dall'Uruguay agli ordini dell'ex tecnico di Cagliari e Milan, tornato nel marzo 2006 ad allenare la Celeste dopo una prima gestione tra il 1988 e il 1990. Al momento della sua seconda nomina, presentò un programma di riforma di tutte le squadre nazionali noto con l'abbreviazione di Proceso. Un'operazione rinnovamento che ha portato al quarto posto al Mondiale 2010 e alla vittoria della Copa America nel 2011. Nel 2016, 9 dei primi 10 giocatori con più presenze nella storia dell'Uruguay era stato formati attraverso il Proceso.

Nel corso degli anni Tabarez ha intelligentemente ripensato la Celeste a più riprese, adattando schemi e stile di gioco al materiale a disposizione. Fino a qualche tempo fa Uruguay significava due campioni (Cavani e Suarez) a cui affidare le fortune offensive della squadra, e nove guerrieri pronti a difendere tutto ciò che c'era da difendere. Lo stile sacrificato al pragmatismo era un vanto: al Mondiale sudafricano la squadra arrivò quarta pur essendo nei bassifondi della classifica di possesso palla, ma ai primi posti di quella dei tiri in porta.

In Russia la musica sarà diversa, perché l'emergere di una nuova generazione di centrocampisti di qualità ha permesso a Tabarez di virare su un calcio maggiormente arioso e creativo. Giocatori quali Bentancur, Torreira, Nandez e Maxi Gomez rappresentano non solo il futuro, ma anche una porzione di presente del calcio charrua. Con tanti ringraziamenti a El maestro.

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