O capitano nostro capitano. La curva italiana nel palazzo di Torun canta lo stesso per Gimbo Tamberi che dopo una gara da vero campione si vede sfilare l'oro sognato degli europei indoor, premio meritato, da una giocata audace dell'elfo nemico di Bielorussia, il ventitreenne Nedasekau, compagno di tante notti in questo sport da isolati. Aveva in mano tutto Tamberi, padrone di una prova di salto in alto dove dai 2.23 ai 2.29 era stato abile come il suo idolo Legolas, l'arciere nel Signore degli anelli che ha riproposto in una sua versione: capelli bianchi, arco immaginario per infilzare le misure di gara. Il bielorusso che lo aveva stuzzicato a 2.33, primo errore di Gimbo, era stato rimesso dietro con l'asticella a 2.35. Sembrava fatta, ma il ragazzo che viene dalle pinete fra tre mari, il granicero nato a Vigikosk, dove c'è anche il villaggio da cui se ne è andato a cercare gloria in Francia e nel mondo il grande Chagall, si teneva il jolly per una terza prova a 2.37 ed era una carta dorata. Ci volava sopra, accarezzando, ma non abbattendo. Per Tamberi un muro da superare al primo salto. Niente. Maledetta primavera. Argento sapendo di essere pronto a dimenticare gli anni neri dopo il grave infortunio di Monte Carlo che gli rubò l'Olimpiade brasiliana cinque anni fa quando era il grande favorito. Peccato e non basteranno gli applausi, gli abbracci a consolarlo, anche se certe sconfitte ti danno anche più carica e lui a Tokyo sarà il nostro arciere per un'atletica italiana che a Torun ha portato le sue speranze, le giovani certezze, qualche esordiente non prontissimo, molti che hanno fatto bene come il veterano Paolo Dal Molin, classe 1987, argento euroindoor a Goteborg nel 2013, bronzo ieri nei 60 ostacoli chiusi dal francese Belevian (742) e dall'inglese Pozzi (743), un terzo posto in 756 che rimette a posto tante cose per questo bell'atleta di padre bellunese e madre del Camerun, una gara dove il diciannovenne Koua, ottavo, ha esplorato terre che saranno sue perché questo ragazzo di origini ivoriane cresciuto a Magenta ha dentro la rabbia giusta, quella, che, purtroppo, non ritrova la Trost fermatasi al 6° posto con 192 in una bellissima gara di alto fra ucraine (Mahuchick sublime) e finlandesi, conclusa nel paradiso dei 2 metri, un cielo diverso come quello che soltanto Mondo Duplantis può esplorare e ieri, dopo aver superato i 6,05 nell'asta, lo abbiamo visto cercare di aggiungere 1 centimetro al suo record mondiale per nobilitare campionati alla sua maniera, un angelo nei cieli dello sport.
La rabbia di Gimbo per rimettersi a cercare anelli più alti, un po' quello che ha dovuto fare Marcell Jacobs che forse ha fatto più fatica a trovare i regali per i suoi figli che a vincere un oro che sembrava maledetto. Il suo 647 che secondo Stefano Tilli, l'unico italiano ad aver vinto l'oro nei 60 agli euro indoor, era il 1983, vale già un 990 sui 100 dovrebbe stimolare anche Filippo Tortu che ha preferito stare ai margini dell'attività al coperto.
Ora sa con chi deve confrontarsi anche sulle piste di casa, una coppia dorata per la staffetta, anche se al momento sembra Jacobs quello con più cicatrici, infortuni, sconfitte, salti nulli quando era un lunghista promettente, ma queste settimane ci hanno detto che recuperato l'uomo nella clausura romana il geniale Camossi ci ha dato pure un velocista di grande qualità. Come di qualità sono state le nostre quattrocentiste quarte con il primato nazionale in una staffetta dominata dalle olandesi.
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