Nostro inviato a Natal
Lo stadio Das Dunas è uno dei monumenti allo spreco di questo mondiale: quattro partite, questa è l'ultima, eppoi non servirà più. Uscire da un mondiale a Natal sarebbe ancora più inglorioso. Anzi un controsenso, se qualcuno crede al senso di un nome, al simbolo di una religione che non sia solo pallone. Uruguay e Italia hanno un credo nel pallone, ma ora come credere in questa Italia? Siamo alle solite: acqua alla gola e pallone che scotta. Se poi ci azzecchiamo con la coppia d'attacco tanto meglio. Pronti a sognare e volare. O pronti a crollare e urlare. Solo per qualche giorno. Anche questa volta l'Italia ha fatto di tutto per punirsi: una buona partita con l'Inghilterra e la fatale disillusione con Costarica. Ed ora siamo a temere una eliminazione che farebbe pari con quella di quattro anni fa in Sudafrica (il peggio è stato a cavallo tra gli anni '50 e '60: quattro eliminazioni di fila) o all'acchiappar l'ultimo treno che ci farà sentire felici, contenti e magari appagati. Tanto da accettare con animo lieve il resto del cammino: ottavi o quarti di finale, poco importa. Che poi l'Italia sia paese critico e autocritico, ma tutto sparisca con la velocità di una bolla di sapone è banale realtà. Torneremo al pallone del nostro cortiletto e arrivederci al prossimo mondiale.
Nel frattempo Prandelli ha inseguito i tanti perché di questa situazione. Ed, alla fine, sotto il diluvio di Natal dove sono previsti temporali anche questo pomeriggio, pare aver risolto con l'ennesima rivoluzione. Con oggi avrà impiegato quattro squadre diverse, considerandone due nella partita con Costarica: più classica quella del primo tempo, rivoluzionaria e autodistruttiva quella del secondo. Ci prova con una strana coppia da contrapporre alla bella coppia. Cavani e Suarez bella coppia uruguayana, quanto di meglio su piazza: quest'anno 56 reti in due contro le 41 segnate da Immobile e Balotelli. Nel gioco del chi è più bravo non stiamo benissimo. Ma questa è l'Italia. Ecco, appunto, a cosa aggrapparsi? All'ItalJuve del Conte Prandelli sperando che Immobile e Balotelli siano meglio di Tevez e Llorente, senza mettersi a ridere. Poi difesa a tre e il brand a centrocampo con Pirlo e Marchisio, gente collaudata cui il ct si è affidato, con l'aggiunta di Verratti che ha giocato la Champions.
Direte: allora perché non provarci prima? Perché la Juve non è garanzia di successo fuori dall'orticello nostro. Prandelli ha creduto in Balotelli unica punta, ma ora deve rinforzarlo mettendogli accanto Immobile. A giochi fatti si parlerà di bocciatura o ridimensionamento di Super Mario. Per Immobile garantisce il ct, che lo ha definito giocatore moderno. «Va in profondità, ma sa stare anche fuori linea, ha senso del gol e aiuta la squadra. Può diventare un campione completo». Per ora è una ipotesi, a differenza di quelli dell'altra sponda: goleador dal Dna accertato. Qui sta la grande differenza tra il sogno italiano e il credo uruguayano che, comunque, potrà puntare solo alla vittoria. Loro sanno di potersi fidare, Prandelli non proprio. Se non si farà prendere da qualche dubbio (pare abbia il ravvedimento facile come dimostrato in queste partite) dovrà credere in quell'Italia che non voleva immaginare o non ha immaginato. Immobile era solo l'alter ego di Balotelli, qui diventerà il suo apriscatole. Magari un rompiscatole. Ciro ha all'attivo tre partite azzurre e zero gol (quelli con la Fluminense non contano), Balo 32 match e 13 reti. Date un occhio agli altri due: Suarez 41 gol per 78 partite in nazionale, Cavani 22 in 64 partite. Non c'è partita.
C'è solo la partita della nostra difesa che si incrina sempre davanti alle sputafuoco avversarie. Eppure l'Uruguay è lento in difesa e divagante a centrocampo. Appunto sogni e speranze. Prandelli non avrà telefonato a Conte, ma come l'avesse fatto. Ormai lo sappiamo: una telefonata allunga la vita.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.