La douce France? Andatelo a raccontare ai ragazzi d'Italia. La douce France ieri è diventata una sorta di strega che non popolerà notti da incubi ma ha infranto sogni di gloria. Ultimamente, è vero, con i francesi non ce la intendiamo proprio: dalle ruggini politiche con Macron al Cenacolo Vinciano mal interpretato nella cerimonia inaugurale, è tutto uno sbattere tra muri, gaffes e qualche sconfitta. E non interpretiamola con il solito «A la guerre comme à la guerre». Qui si parla di sport e delle sue leggi, talvolta imponderabili, altre volte giustificate dai fatti: se sei il più forte, vinci. Qui sono smacchi: ce le hanno suonate. L'Olimpiade di Parigi è cosa loro, la maledizione francese, per ora, cosa nostra: una spedizione con un occhio «bleu».
Ieri una bella ripassata: il Setterosa della pallanuoto si è schiantato contro il Settebleu dopo essere partito con generosa baldanza. Avanti 6-4 fino a metà gara, poi la debacle: fino a perdere 9-8 sbagliando 4 rigori su 5 e con il portiere (la portiera) avversaria, Mia Ricraw, diventata più incubo dell'incubo parandone tre. E ora per il Setterosa si complica il girone. Brutta compagnia tra Usa, campionesse olimpiche, Spagna e Grecia.
Potevano farsi la bocca buona gli arcieri nella gara a squadre: battuti i kazaki, gli sono arrivati addosso i francesi. Come in tutte le grandi manifestazioni, la squadra di casa non è mai un bel cliente, che a decidere siano le frecce puntate nel 10 o nel 9 oppure vista, competenza e onestà di un giudice. Gli arcieri hanno sbattuto contro un muro di frecce. Chissà mai, saranno rimasti ammaliati dalla cornice dell'Esplanade des Invalides, dove il tiro si gioca le medaglie. Certamente l'Italia ha perso la mira. La Francia ha lasciato poche speranze, una volta mollato il primo set. Il cambio di passo è stato immediato. Mauro Nespoli, Federico Musolesi e Alessandro Paoli sono stati risucchiati tra esaltazione del pubblico di casa e tiri non perfetti. È finita 6-2 e addio semifinale.
Anche peggio per la scherma. È andato subito all'aria Tommaso Marini, il numero uno del fioretto, ragazzo tutto gioielli, moda e talentuosa estemporaneità, nonché campione del mondo e d'Europa. In mattinata la sciabolatrice Chiara Mormile aveva accusato il primo sintomo della maledizione: fuori contro Cecilia Berder, ma ci poteva stare. Marini doveva vedersela con Maxime Pauty, enfants du pays per il quale, nell'austero Grand Palais, si è scatenato un tifo calcistico tra ueggiamenti e amenità varie. Ma poi ha fatto tutto il nostro: avanti 10-3 si è fatto rimontare fino al 14-14, perdendo l'ultima stoccata. E che il francese non fosse fenomenale lo ha dimostrato uscendo al turno successivo. Più che una botta, una batosta che Marini ha ovviamente mal digerito. Fuggito via infuriato, prima di ricomparire con il groppo in gola, la delusione sul viso e qualche dubbio per un paio di colpi girati dall'arbitro. «Arrabbiato no, deluso certo, per tre anni di sacrifici finiti così. E non sempre è stato semplice. Ma stavolta ho sbagliato molto».
Peccato! Però cosa pensare se, nella squadra di fioretto, c'è Guillaume Bianchi: con quel nome che strizza l'occhio? Eppure nei quarti è andata male pure a lui (contro un americano). Stavolta non basta strizzar l'occhio. Maledizione irreprensibile.
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