I Leoni gonfiano il petto ma solo dando i numeri

Secondo uno studio d'Oltremanica è l'Inghilterra la favorita. E Rooney ci crede: "Mai giocato in una nazionale così forte"

Impantanata nel pessimismo generale, condiviso anche dai suoi stessi tifosi, l'Inghilterra si rifugia nella matematica. In quelle astrazioni numeriche che non possono garantire certezze ma che almeno fanno sognare. Un paio di settimane fa era stato lo scienziato Hawking a suggerire ad Hodgson il modulo tattico per vincere la Coppa del Mondo.

Calcolando una serie di parametri, non ultime le condizioni climatiche e l'altitudine, il suo algoritmo applicato al calcio si era risolto nella sequenza 4-3-3. Difficile che il ct inglese lo ascolti, almeno nel debutto di domani contro l'Italia. Più probabile viceversa che abbia toccato ferro (ops, legno, siamo pur sempre inglesi) nel leggere le conclusioni di uno studio – tra il serio e il faceto – condotto dal Telegraph. Identico il metodo: l'incrocio di cifre e dati raccolti dalle precedenti edizioni. Sorprendente il risultato: l'Inghilterra è la squadra da battere. Neppure l'autore del modello poteva crederci, così ha rifatto i conti. Partendo dall'età media delle nazionali campioni del mondo. Solo un'eccezione ha vinto con una rosa di età superiore ai 28 anni, l'Italia nel 2006. Altrimenti chi vince non supera la media di 26,4 anni. Un numero che taglia fuori tre serie candidate al titolo: Uruguay, Portogallo e soprattutto Argentina. Il segreto è un mix di giovani e anziani. Non come il Belgio che ha un solo giocatore over-30, quando per vincere ne servono almeno due.

Essenziale anche avere rose omogenee, con più giocatori provenienti delle medesime squadre. Solo cinque nazioni di questa edizione sono composte da rappresentanti di 11 (o meno) club. Tra queste non ci sono né l'Olanda né il Brasile. Ci sarebbe la Spagna che però viene esclusa dal dato successivo: è dal 1962 che la prima squadra del ranking Fifa non vince il mondiale. Solitamente la trionfatrice proviene da gradini più bassi, dalla quarta alla sesta posizione: che tradotto nell'attualità significa Argentina, Olanda e Inghilterra. Se solo in due occasione la detentrice ha saputo confermarsi (Italia 1938 e Brasile 1962), il piazzamento più comune nell'edizione precedente della neo-iridata sono i 16/esimi di finale. Esattamente il capolinea in Sudafrica dei Tre Leoni allenati da Capello. Ecco servita la previsione, con buona pace dei (moltissimi) diffidenti di quest'Inghilterra.

Che ha il torto di non saper entusiasmare. Troppo ordinaria, computa, diligente. Troppo prevedibile nei suoi limiti come nelle sue qualità. Così contro l'Italia, per sparigliare il tavolo, si invoca la promozione di Sterling e soprattutto di Barkley, precoce talento uscito dal vivaio dell'Everton.

Nato a Liverpool, altra similitudine con Rooney, che punzecchia il suo ex compagno Ronaldo («Lui gioca per le sue ambizioni personali, io per far vincere la mia squadra») e parla da leader («Mai giocato in un'Inghilterra così forte»). E se Wazza avesse ragione?

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