I medici del calcio non tornano in campo

Il nodo della responsabilità penale. Castellacci: "In molti pronti a dimettersi"

I medici del calcio non tornano in campo

Osannati e glorificati. Assurti, a ragione, al grado di eroi di questo surreale inizio di 2020. I medici, che hanno gestito una pandemia mai vista prima al servizio della gente. E che anche adesso, con il virus che sembra allentare un minimo la presa, non mollano e rimangono in trincea. Eppure, sportivamente parlando, rischiano di essere tutt'altro che ringraziati. Anzi, rischiano di passare dei guai. Già perché il protocollo presentato del comitato tecnico scientifico mette i medici delle squadre di calcio in una posizione assai rischiosa con, di fatto, la piena responsabilità sia civile che penale sui tesserati. «Un medico non è un eroe, ma un professionista serio e si assume le proprie responsabilità. I club si devono assumere le loro responsabilità. Ho già ricevuto molte lettere di colleghi che minacciano le loro dimissioni in caso non venisse rivista la questione della responsabilità, che diventa una responsabilità penale». Così il professor Enrico Castellacci, ex medico della nazionale e presidente dell'associazione medici italiani di calcio che aggiunge: «Il medico del calcio è l'anello debole della catena che non ha un contratto depositato in Lega. L'unica figura poco tutelata, o per niente. Il paradosso è che la figura più debole si ritrova ad essere la figura fondamentale e la più critica».

Un attacco duro ma circostanziato, che mette ulteriore apprensione sulla possibile ripresa della serie A, così come quello di Pino Capua, rappresentante della commissione medica della Figc. «Il modulo tedesco è assolutamente percorribile, non capisco perché non farlo anche in Italia, il Comitato ha messo i bastoni tra le ruote», ha detto. Ma la Figc, che ieri ha recepito il protocollo e oggi lo inoltrerà aggiornato secondo le indicazioni del cts ai ministri Spadafora e Speranza, è ottimista. Anche per quanto riguarda il malumore dei medici. In attesa dell'incontro, decisivo, con il premier Conte dei prossimi giorni.

Da Castellacci un giudizio critico anche sulle norme relative alla quarantena, rifiutata dai giocatori di Premier league. «Si crea un grosso handicap, se si fosse seguito il modello tedesco sarebbe stato più semplice. Una volta che si iniziano le trasferte, il pericolo di contaminazione è più alta, basta un solo giocatore e si blocca il campionato». Anche perché da quel che si apprende, secondo le indicazioni del cts le squadre e i membri degli staff tecnici dovranno rimanere in isolamento per 15 giorni dal momento della ripresa degli allenamenti di gruppo.

Critiche al arrivano anche Cesare di Cintio, avvocato esperto di diritto sportivo. «È un mezzo politico per non assumersi la responsabilità di una decisione, scaricandola su altri.

Sottolineare la responsabilità dei club e dei medici sociali, peraltro già prevista per legge, sembra un modo per non assumersi direttamente la responsabilità di una scelta lasciando che siano altri a rinunciare sotto il peso psicologico delle problematiche legali e dei rischi». Attesa e polemiche. Quelle garantite, anche, dalla riunione di Lega prevista per oggi in cui si affronterà il vitale tema dei diritti tv senza il cui pagamento le società rischiano il crac.

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