Inzaghi-Pirlo, è l'incrocio fra i gemelli diversi

Grande talento, stesso procuratore da calciatori e per entrambi l'esordio in panchina con due big

Inzaghi-Pirlo, è l'incrocio fra i gemelli diversi

Sono i gemelli diversi del calcio italiano. Andrea Pirlo e Pippo Inzaghi che si ritrovano sulle panchine di Juve e Benevento hanno comuni radici. Entrambi lombardi, per cominciare. Entrambi, da calciatori, gestiti dallo stesso agente, Tullio Tinti che divenne, non a caso, il consigliori della carriera da allenatore e un amico sincero su cui contare sempre. Insieme arrivarono al Milan, estate del 2001, per la stessa via. Galeotto fu il viaggio a Torino di Adriano Galliani per chiudere con la Juve l'acquisto di Filippo Inzaghi in compagnia di Tullio Tinti, appunto. Al ritorno, entrambi soddisfatti dell'operazione appena conclusa che molti gol addusse ai rossoneri, cominciarono a parlare di Andrea Pirlo, dei suoi stenti all'Inter e dello spazio occupato da Recoba. Galliani ci pensò una notte intera e la mattina dopo richiamò Tinti per concludere la seconda trattativa. Fu l'inizio dell'era Ancelotti.

Il secondo legame, indissolubile, è datato Atene, maggio 2007, finale di Champions con il Liverpool. C'è quella punizione dal limite affidata al piedino educatissimo di Pirlo. Pippo è nei pressi della barriera inglese e sta studiando dove posizionarsi per approfittare di una distrazione, un rimpallo, una difettosa respinta del portiere. E invece la palla, malandrina, gli tocca il fianco e spiazza Pepe Reina e Pippo corre verso la curva rossonera come uno scatenato. Aveva ragione Mondonico: «Non è Pippo innamorato del gol, è il gol che si è innamorato di Pippo».

I gemelli diversi han cominciato la carriera da allenatore allo stesso modo, partendo dalla cattedra universitaria invece che dalle scuole medie della provincia calcistica. Pippo, dopo una breve esperienza nel settore giovanile, è stato chiamato a guidare il Milan, Andrea senza nemmeno passare dall'anticamera, è arrivato subito alla Continassa per guidare la Juve del dopo Sarri. Sono entrambi malati di calcio, capaci di spendere 10-12 ore della loro giornata tra filmati, telefonate, allenamenti e relazioni di osservatori da leggere. Uno, Pippo, al calcio ha abbinato la compagnia di belle donne, Andrea l'ha seguito sullo stesso sentiero collezionando anche altri interessi, il vino per esempio, l'arte. Adesso sono uniti dalle stesse teorie calcistiche. Pippo è passato dall'etichetta di difensivista scrupoloso a quella di allenatore moderno, capace di collezionare molti gol presi nella speranza di riuscirne a farne uno in più dei rivali. Pirlo è appena sbarcato nel mondo Juve e non ha fatto una piega quando è passato - nel volgere di qualche ora - dall'under 23 alla gestione di CR7 al quale ha mostrato subito lo scettro del comando durante il primo raduno delle nazionali a settembre. Il portoghese voleva fermarsi dalle sue parti, Pirlo l'ha chiamato a telefono e riportato a Torino.

«Non ha fatto una piega quando l'ha chiamato Agnelli per dirgli che sarebbe diventato lui l'allenatore della Juve» racconta Tinti. Serenità e frenesia sono le loro cifre che documenteranno anche la prima sfida da panchine opposte.

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