"Io e quei nove mesi fuori proprio come Marquez Vedrete, vi sorprenderà"

Da iridato in carica, l'italiano rientrò l'anno dopo un terribile incidente: " E fui subito veloce"

"Io e quei nove mesi fuori proprio come Marquez Vedrete, vi sorprenderà"

Questa volta l'annuncio è ufficiale: venerdì a Portimao rivedremo Marc Marquez in pista. Ago della bilancia del campionato, il paddock della MotoGP si interroga su cosa frullerà nella testa dello spagnolo e se potrà essere subito competitivo. Lo abbiamo chiesto a Franco Uncini, ora FIM Safety Officer, ma nel 1982 campione del mondo classe 500 con Suzuki e, l'anno dopo, protagonista di un gravissimo incidente ad Assen che lo costrinse a restare lontano dalle corse per quasi 9 mesi. Come Marc. Era il 25 giugno 1983, il tradizionale sabato di gara del TT, quando al secondo giro all'uscita da una curva a destra Franco Uncini, allora 28enne, fu vittima di un highside. Sbalzato in pista dalla sua Suzuki, il marchigiano tentò di mettersi in salvo ma venne investito da Wayne Garder. L'impatto fu violento, il casco volò via e il corpo rimase immobile sulla lingua d'asfalto.

Alla luce della sua esperienza quanto è difficile tornare a correre dopo un brutto incidente e una convalescenza così lunga?

«I tempi in qualche modo sono simili, diverse le dinamiche. Per Marc una caduta, mentre io venni investito. In questo il mio incidente può ricordare quello di Marco Simoncelli, solo che nella sfortuna io sono stato molto più fortunato. La mia caduta di per sé era stata abbastanza banale perché non avevo riportato danni, così istintivamente ho tentato la fuga. Avevo l'erba a 2 metri, alle mie spalle 10 metri di pista e il rombo delle moto che mi scansavano. Tutti eccetto Gardner, che per una sua scelta rimase sulla sinistra e mi centrò in pieno».

L'impatto fu violentissimo.

«In questo mi ritengo fortunato perché poteva andare molto peggio. Fui messo in coma farmacologico per 5 giorni e poi il recupero fu molto lungo».

Durante quei 9 mesi ha mai temuto di non poter tornare competitivo?

«Non ho mai dubitato anche quando non vedevo i miglioramenti. Il dottor Costa mi spiegò: È come un mosaico che viene sparpagliato per una botta violenta. Il recupero ci sarà, ma è lento perché non sappiamo quanti tasselli sono volati via».

Con che cuore è tornato in pista?

«Non ho avuto paura perché non mi ricordavo niente dell'incidente, né l'avevo voluto rivedere. In qualche modo l'avevo ricostruito nella mia testa dai racconti che sentivo. Quando sono rientrato, non ero in piena forma, ma fui subito veloce. Peccato che non avevo una moto competitiva perché nel 1983 la Suzuki si era ritirata e così non c'era più sviluppo».

Marc tornerà subito competitivo?

«Sicuramente! In questi mesi lontano dalle corse avrà maturato ancora più voglia, più rabbia e fame di vittorie. Vedo una o due gare cuscinetto per riprendere il ritmo, ma poi tornerà il Matador. Parte da una situazione svantaggiata, ma lo considero tra i contendenti al titolo. Marc è di un altro pianeta. È fortissimo: ha la forza di un torello e la testa del fuoriclasse».

Come si convive con il rischio?

«Il pilota lo tiene in considerazione, ma quando corri pensi di avere tutto sotto controllo. Per questo puoi alzare l'asticella sempre più in alto».

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