La Juventus si compatta e grida all'ingiustizia. Ma rischia altre stangate

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La Juventus si compatta e grida all'ingiustizia. Ma rischia altre stangate

Trenta novembre duemila e ventidue: «Non mi piace di sanzionare alcune realtà, nel caso specifico la Juventus, prima che ci sia un processo. Ci sono delle indagini, ci sono delle acquisizioni di atti, la nostra procura è allertata, ma non conosciamo l'esito e lasciamo andare avanti la magistratura ordinaria: c'è comunque un collegamento tra i due rami di giustizia, aspettiamo cosa emerge dal processo e poi facciamo una riflessione sul sistema ma ora non colpevolizziamo e sanzioniamo i soggetti prima delle indagini. Se vogliamo andare sul linciaggio di piazza non è un problema, ma stiamo calmi perché temo che qualche tema possa riguardare anche altri soggetti». Parole di Gabriele Gravina. Svanite cinquantuno giorno dopo nella sentenza della Caf. Il tenore confessorio presente in alcune intercettazioni ha fatto saltare qualunque prudenza, la giustizia sportiva ha accelerato i tempi ma resta la sensazione di una conclusione anticipata, ricorrendo a un sostantivo sistema, già presente nella vicenda del duemila e sei (astrusamente definita calciopoli in relazione a tangentopoli, dove in questa il neologismo stava appunto per la città delle tangenti, in quella sportiva la città del calcio!).

Juventus esce tramortita, con responsabilità comunque gravissime, accertate, manifestate per iscritto e oralmente, queste potrebbero risultare drammatiche nel secondo processo, quando il club dovrà difendersi dalle accuse di falso in bilancio e false comunicazioni sociali. Sarà allora il momento in cui si comprenderà definitivamente il futuro della squadra e della società, con l'ipotesi di radiazione dei dirigenti coinvolti (anche se dimissionati o tesserati per federazione estere) e la retrocessione nelle serie inferiori della formazione bianconera. In attesa di conoscere le motivazioni di questa prima sentenza, Juventus ha radunato gli uomini alla vigilia della partita di stasera contro l'Atalanta, nell'ambiente strano e stranito dell'Allianz Stadium. Ieri Massimiliano Allegri è stato equilibrato e saggio nelle risposte alla stampa, per due volte ha utilizzato la frase «di basso profilo» illustrando quello che sarà il comportamento suo e dei suoi calciatori, quindi il presidente Ferrero, accompagnato dal ceo Scanavino, ha raggiunto la squadra e ha rivolto un discorso breve ma di sostanza, ribadendo che «di fronte all'ingiustizia» il gruppo sarà compatto ma ognuno saprà e dovrà svolgere il proprio compito, il club difendendo la propria posizione nelle sedi opportune e i bianconeri giocando, vincendo e tenendo a mente di rappresentare milioni di tifosi in tutto il mondo.

Difficile prevedere il comportamento del pubblico mentre è elementare, oltre che avvilente ed imbarazzante, leggere e ascoltare le reazioni eccitate dell'altro mondo, quello non juventino, che chiede giustizia piena, esemplare, aggettivi comodi quando riguardano l'avversario da eliminare non sul campo ma in tribunale, come accade sulla nostra scena

politica da anni. Da mani pulite a piedi puliti, la procedura è analoga, però, rispetto al mondo dei partiti, il sistema calcio resiste, il peso sociale del tifo ha la prevalenza sulla giustizia. Fatta la solita eccezione.

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