Nel centro di Boston, davanti all'edificio del Quincy Market, c'è una statua in bronzo, raffigura un signore seduto che tiene tra le dita un sigaro. Trattasi di Arnold Red Auerbach, allenatore mito del Boston Celtics di pallacanestro che fumava un sontuoso Hoyo de Monterrey, una delle marche avana più diffuse. Coach Red svaporava in faccia agli avversari, il suo sigaro diventò il simbolo della vittoria e del potere in qualunque circolo sportivo. James LeBron ha rilanciato il rito, dopo la vittoria dei Lakers si è steso sul parquet e si è acceso un puro speciale e lo stesso ha fatto dialogando, tra le lacrime, in una videochiamata con la madre. Va da sé che la moda dovesse uscire dai palazzetti ed entrare nel mondo del calcio, in verità il primo fu Maradona che si concesse i sigari donati dal lider maximo, Fidel Castro, Diego Armando fotografato con un puro più magico dei suoi dribbling, una icona esclusiva per la propaganda rivoluzionaria. È toccato a Carlo Ancelotti, con idee diverse, tradire i cento chewing gum per festeggiare la qualificazione alla prossima finale di champions, esibendosi con un sigaro cubano e occhiali da Sopranos, e a Guardiola e Vidal e Pioli.
Infine, per farsi riconoscere, come se non bastasse tutto il resto della sua carriera, anche Ibrahimovic ha voluto aggiungere lusso e piacere allo scudetto, per lui il 14°, conquistato con il Milan, dunque ghignando dietro la sua maschera perfida avvolta dal fumo di un sigaro. Fotogrammi di vittoria, chiari e gioiosi. Vietato sfumare.
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