Il destino in un nome: Giulio Glorioso. L'uomo simbolo del baseball italiano se n'è andato nella notte, a Roma, a 84 anni. Per venticinque anni è stato il dominatore della scena sui diamanti italiani: negli anni Sessanta dove andava lui arrivava lo scudetto, due a Roma, due a Milano, tre a Nettuno. È stato sicuramente il più grande lanciatore del nostro baseball, uomo dei record battuti solo a cinquant'anni di distanza. Probabilmente è stato anche il più grande di tutti, prima di Giorgio Castelli, Roberto Bianchi e oggi Alex Liddi. Certamente Glorioso è stato tra i pochi di questo sport ormai dimenticato a trovare popolarità anche tra il grande pubblico, assieme al suo amico, compagno, rivale Gigi Cameroni: lo ricordiamo ancora su un vecchio diario scolastico dei primi anni Settanta, quando i ragazzini conoscevano i campioni di tutti gli sport grazie alle figurine Panini che non si fermavano al calcio.
Glorioso era un friulano (nato a Udine nel gennaio del '31) trapiantato a Roma dove conobbe lo sport degli americani ai tempi della “città aperta“. Ben presto arrivò a giocare in serie A e ad imporsi tra i grandi del tempo. Lanciò nella prima partita della Nazionale italiana, nell'attuale Flaminio, sotto gli occhi di Gregory Peck ospite d'onore. E nel '53 arrivò per lui anche l'interessamento degli americani, primo italiano a percorrere una strada che tanti anni più tardi avrebbe portato Liddi a debuttare in Major league. Glorioso si fermò a uno stage di tre settimane a Cleveland, ma quell'esperienza gli bastò per diventare uno dei migliori giocatori d'Europa.
Gli anni migliori della sua strepitosa carriera arrivarono nelle due stagioni passate a Milano, proprio in tendem con Cameroni, nel '61-62, quando Milano vinse due scudetti senza sconfitte, restando imbattuto per 36 partite. E gran parte del merito fu proprio di Glorioso, il miglior lanciatore italiano inserito nella squadra che era l'ossatura di quella nazionale, con Novali, Gandini, Goldstein, Folli, i fratelli Balzani. Glorioso lanciò fin oltre i 40 anni, vinse 7 scudetti giocando anche per Lazio, Roma, Nettuno e Parma, collezionò 68 presenze in Nazionale.
Poi si dedicò alla sua Lazio: allenatore, dirigente, più spirito critico che uomo immagine, sempre attento, polemico con chi sta portando il baseball ai confini dello sport italiano. Schivo e lontano da qualsiasi celebrazione, ma sempre innamorato del diamante.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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