Mancio, countdown per chiudere il cerchio a Wembley

Nel vecchio stadio perse una finale di Champions con la Samp, in quello nuovo "tra sei gare..."

Mancio, countdown per chiudere il cerchio a Wembley

20 maggio 1992. La Sampdoria di Mancini (e Vialli) gioca la partita più importante della sua storia, la finale di coppa dei Campioni contro il Barcellona. La perde al minuto 112, per un episodio, una punizione bomba (ma il fallo non c'era...) di Ronald Koeman. Si giocò a Wembley. «Il rimpianto più grande della mia carriera. Quante volte avrei voluto rigiocare quella partita...», ha detto più volte in questi anni l'allora capitano blucerchiato e adesso ct della Nazionale. Una delle cose più belle del calcio è che, così come la vita, spesso offre delle seconde opportunità. 11 luglio 2021. Si gioca la finale dei campionati Europei. A Wembley, proprio lì. Di nuovo. Ok, non è la stessa competizione e quella partita di 29 anni fa non si potrà più giocare. Ma Roberto Mancini potrebbe chiudere definitivamente il suo personalissimo cerchio.

Da giocatore di grandissimo talento e un po' testa matta ad allenatore vincente e... calmo. In mezzo a questo cerchio lungo tre decenni è successo di tutto. Quando giocava con la sua 10 sulle spalle, per un rigore negato come quello dell'altra sera contro la Turchia avrebbe protestato fino a rischiare di farsi cacciare. Era fatto così. Odiava le ingiustizie e si infervorava come pochi altri. E adesso? Calmo, serafico, paziente. Ha tranquillizzato la squadra, ha invitato tutti a non lamentarsi, ha riportato serenità. Permettendo al gruppo di non di non pensare agli alibi e di concentrarsi sul risultato da conquistare. Dal fumantino Bobby gol, al pacato mister Mancini. Che cambiamento.

«Si nasce incendiari e si muore pompieri», recita un detto. O molto più probabilmente si cresce, si cambia e si migliora. Si valorizzano i propri pregi e si limano i difetti. Altrimenti, nel calcio così come nella vita, non si va poi così lontano. Però se ci si applica, si matura e si è capaci di valorizzare i propri talenti, succede, di andare lontano.

Come succede che magari si ritorna dove si era già stati una volta, tipo una trentina di anni fa, pur in uno stadio che è stato demolito e ricostruito. Come per una nuova opportunità. Per riscrivere un pezzo di storia cambiando quel finale che è rimasto sul groppone. E per chiudere un cerchio che adesso non è più solamente suo.

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