Di primo acchito, la tanto attesa nomina dell'ing. Mattia Binotto a Team-principal della Ferrari richiama il parallelo con un'epoca d'oro, quando l'ing. Mauro Forghieri viveva il ruolo di grandissimo direttore tecnico, in quanto eccelso motorista, con i suoi memorabili dodici cilindri, ma anche inarrivabile telaista, che poteva battersi con Colin Chapman o John Cooper, con le stesse doti di un Adrian Newey o di un John Barnard. Ma, attenzione: in quell'epoca, la più avvincente, nei miei quasi 70 anni di Formula 1, l'ing. Forghieri doveva confrontarsi con il più grande Principal della storia moderna, lo stesso Enzo Ferrari, che era un gigante della tecnica da corsa, ingegnere nell'anima, con un senso unico della meccanica, prima che gli fosse riconosciuto il titolo Honoris Causa. E pensate a quante battaglie ho potuto assistere. O vicino a quante scelte importanti sia vissuto, trascinandomi i temi tecnici più discussi.
E il vantaggio dell'ing. Forghieri sull'ing. Binotto era proprio questo dell'accordo o della protezione, in certi casi, di Enzo Ferrari in persona. Basti il tema del dodici cilindri quando si combatteva con i magici V8 di Keith Duckworth. Bastino i grandi trionfi di Maranello, quando il direttore tecnico coniugava tutte le doti dell'affermato motorista con quelle del geniale telaista. Adesso, d'un colpo, nasce la trilogia del Principal ingegnere specialista nei due ambiti tecnici dell'autotelaio e del motopropulsore. È un vertice unico, così denso di difficoltà nella concezione ibrida e del recupero energetico, con una dedizione veramente unica sul rapporto tra le geometrie e i cinematismi delle sospensioni contro l'apparato motoristico. Sarebbe come un Ing. Forghieri senza le larghe spalle di Enzo Ferrari sullo sfondo. Tecnicamente, è un'armonia perfetta; ma in condizioni tanto più esasperate da una fase della Formula 1 dominata da una petrolchimica selvaggia e da una Fia-Tv pro-Mercedes.
Ci sono enormi responsabilità da chiarire, come fece l'ammirevole e compianto Sergio Marchionne, proprio per costruire quella supremazia del Cavallino d'inizio 2018, che non è stato possibile conservare fino alla conclusione del campionato mondiale. Insomma, è un'era nuova che si apre, con un vertice tecnico che potrebbe fare epoca. Purché strategicamente corretto e con mezzi adeguatamente applicabili.
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