Messi, Pirlo, Hamsik e Totti quando il genio spegne la luce

Barça e Juve, Napoli e Roma: quanti problemi per gli infortuni degli uomini-faro

Messi, Pirlo, Hamsik e Totti quando il genio spegne la luce

Ci sono quelli che le ripartenze. Poi ci sono gli altri che la diagonale. Poi resistono quelli che l'intensità. Poi esistono quelli che fanno reparto da solo. E, infine, grazie a Dio, ci sono quelli bravi e basta. Fatti, non parole. Pirlo si ferma contro l'Udinese e si spegne la luce in casa Juventus. Totti è fuori da un po' di settimane e la chiesa della Roma, riportata da Garcia là dove doveva stare, non ha predicatori veri. Se poi anche Pjanic fa la riserva, amen. Il Barcellona perde il fenomeno vero Messi ma non ritorna in piedi con il fenomeno di plastica Neymar. Il Napoli deve usare Hamsik a singhiozzo e infila una serie nera da cui ha cominciato a tirarsi fuori l'altra sera. Il Milan dei tutti uguali tranne Balotelli, riscopre il gusto antico delle buone cose con il ritorno di Kakà, il quale appartiene alla tribù di cui sopra, quelli dai piedi buoni come usò e osò dire Fulvio Bernardini.

Totale: il calcio è un gioco, o giuoco, nel quale occorrono i portaborse, i badanti, i postini ma se manca l'artista, se al poeta viene preferito il dattilografo, il risultato è quello sotto gli occhi di tutti.

La flessione o involuzione tecnica del football italiano è stata causata anche da una scuola di allenatori che ha cancellato il ruolo del regista o rifinitore perché, ovviamente, costui prendeva e prende in mano il pallone e il pallino, smentendo le teorie da kamasutra del responsabile tecnico che ha disegnato sulla lavagna e riportato sul computer e sul block notes tutte le posizioni per sistemarsi sul campo. Dimenticando la prima, forse: saper giocare a pallone, toccarlo, colpirlo, di destro, di sinistro, di interno, di esterno, di collo pieno, di rabona, di passo doppio (Biavati), alla cilena (sforbiciata), tutta roba da vocabolario finito in soffitta o da memorabilia per gli appassionati del vintage.

Il quattro tre tre o quattro quattro due, e così le variazioni sul tema, sono formule intelligenti e necessarie ma senza l'idea, improvvisa, imprevista, elegante e raffinata si trasformano nel tipico schema calciobalilla, tutti in linea, vietato il dribbling, da evitare la rullata parrocchiale, possibili la veloce, lo staffile, il gancio.

Non scherzo, basta ascoltare la melodia che quasi tutti gli allenatori hanno imparato sui banchi di Coverciano o ascoltando i propri simili. Ma il calcio senza Pirlo, senza Kakà, Totti, Messi che roba è? Dove sta l'imprevisto? Dove sta la giocata che nessuno si aspettava, primi fra tutti gli avversari?

C'è da chiedersi come mai anche i giurati del Pallone d'oro abbiano, negli anni, scelto goleador e giocolieri, fatta eccezione per le comica finale di Sammer, mentre i riconoscimenti per un portiere, Lev Jashin, e due difensori e leader, Beckenbauer e Cannavaro, fanno parte della sala d'onore dei capitani e campioni del mondo.

Dunque una vita da mediano, chiedendo scusa a Lele Oriali, può piacere a Ligabue e ai suoi fans, ma nel football, tolto il piacere, che cosa resta? Avete visto, per caso, il pubblico accompagnare con la ola una diagonale perfetta? O un raddoppio di marcatura? Il Signore ci protegga dalla contaminazione che sta rovinando il calcio trasformandolo in un circo di esibizionisti, nel look e nel frasario.

Pirlo, Totti e Kakà sommano oltre cento anni ma sono più giovani e freschi di certi loro sodali più giovani all'anagrafe e da villa arzilla per la genuinità del

loro calcio.

Se qualcuno preferisce gli sbarbati che corrono e fanno densità, con la loro intensità e il loro sacrificio allora si può capire perché gli ultimi siano beati. Personalmente preferisco i primi, anche a tavola.

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