Il Mondiale 2030 tra Vaticano e La Mecca

Idea bizzarra e impraticabile: la cultura araba impone riti da noi inaccettabili.

Il Mondiale 2030 tra Vaticano e La Mecca

Scrive Matt Slater su The Athletic UK: «L'Arabia Saudita sta studiando il progetto di una coppa del mondo del 2030 abbinata a un paese europeo, tra questi al primo posto della lista c'è l'Italia». L'idea è affascinante, per i mercanti del tempio e per i pusher in circolazione all'interno di federazioni calcistiche. Un mondiale diviso fra due nazioni non sarebbe una novità, Giappone e Corea del Sud hanno offerto una edizione difficile ma alla fine positiva ma si trattava comunque di due realtà appartenenti allo stesso continente. La fantasia araba prevede invece di aprire all'Europa e mi è venuto immediatamente alla memoria l'Eurabia termine ideato dalla scrittrice ebrea ma egiziana di nazionalità britannica, Gisèle Littmann e reso celeberrimo da Oriana Fallaci. L'invasione massiccia della popolazione e della cultura islam nel vecchio continente abbisogna forse del calcio, fenomeno che raggruma razze di ogni tipo sotto la bandiera del tifo ma qui ci troveremmo di fronte a un'ipotesi che definirei bizzarra, impraticabile e pericolosa. Perché la cultura araba prevede riti e impone regole, anche tra i calciatori oltre che al pubblico, che non possono e non potrebbero essere giustificate e tollerate, a meno che da qui al Duemila e trenta non si verifichi una rivoluzione etico religiosa del mondo musulmano.

Prevedo già contestazioni e filosofie contrarie ma un dato è certo: oggi l'Arabia è territorio fertile per lo sport e da quelle aree sono arrivati i denari che tengono in vita club destinati alla bancarotta ma allestire un torneo mondiale con trentotto o quarantadue Paesi (e in quale periodo dell'anno? Quando da loro non farà caldo e da noi ci sarà nebbia e freddo?) può riempire la pancia dei governanti Fifa e di alcuni presidenti nostrani che se ne infischiano delle esigenze dei tifosi ma non viene incontro alla salute degli atleti e, appunto, alle richieste del pubblico. La joint venture Mecca Vaticano ha i vapori della propaganda, con un nuovo pontefice di Roma e l'Imam seduti a fianco per la partita inaugurale e per la finale, pronti a benedire con un Bàraka e Il Signore sia con voi il fischio d'inizio e il rigore decisivo. Tutto si gioca sul tavolo dei dollari.

Chi garantirà il dovuto partirà con un giro di vantaggio. Su questo argomento sappiamo chi avrà l'handicap d'avvio. Nulla è impossibile ormai e il calcio è pieno di mercanti pronti a vendersi il tempio e anche la divinità.

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