Quando non si vince, si parla. Ed è peggio. All’Inter sono maestri in ogni arte. Anche nei litigi: in campo e fuori. Gli ultimi, francamente mortificanti, botta e risposta fra Branca e Oriali ne sono l’esempio. Uno che dice: quando c’ero io certi sbagli non si facevano (vogliamo andare a prendere la lista degli acquisti e delle vendite?). L’altro che gli risponde: zitto tu, che non ti sei mai occupato di mercato. E Oriali che replica ancora: mi auguro che tu sia occupato nel mercato di altre squadre, non dell’Inter.
Se questa è l’Inter... capirete perché le cose vanno male. Ma non è così, questi litigi ingolosiscono solo i voyeurs, i gossipari del tempo perduto, quelli che dispensano consigli a gratis senza filtrare il ragionamento. Oriali e Branca contano come un due di picche a briscola, secondo i piani di Moratti. Anzi più litigano, più gli fanno comodo per sviare altri problemi che nell’ordine sono: sanare il bilancio e trovar danari per la prossima campagna acquisti, ingaggiare un nuovo tecnico (tante idee e un solo comandamento: che costi poco), riassestare la squadra a prezzi umani: ha appena mandato a vedere il costoso Hazard.
Nell’attesa, poche certezze: «Si devono risvegliare tutti. Ranieri resta. Il campionato ha ancora tante gare, non ci dobbiamo abbattere. Basta una vittoria e torna il sereno» ha detto proprio ieri sera il patron arrivando a un’asta benefica di Inter e Pirelli. C’era anche Forlan, reduce da una strigliata societaria: «Non ho nulla contro Ranieri, c’è stata solo cattiva comunicazione. Non mi sono mai rifiutato di entrare in campo e mai lo farò».
A tutti è noto, all’Inter, che decide solo il presidente. Dategli pure consigli, ma non pensate di pesare più di una piuma. Moratti ingaggiò Oriali perché lo riteneva un uomo bandiera, non certo un uomo mercato: lo aveva provato in diretta, come parte acquirente, nelle trattative per Paganin e Sartor e si era convinto che non fosse un genio del mercato: abbastanza scarso per consegnarlo ad altro uso. E infatti Oriali è stato sontuoso uomo bandiera, personaggio fedele e affidabile ma in altro campo. Si è preso colpe non sue, ricavandone gratifica, ha affiancato gli allenatori sposandone la causa, è riuscito ad essere amico, con pari dignità, sia di Mancini sia di Mourinho. E non risulta che Moratti gli abbia dato retta quando ha suggerito di vendere Milito.
Branca è stato un giocatore di Moratti, eppoi un amico e un uomo fidato, caro all’ambito familiare. Passa per raccomandato visto il posto di comando ottenuto, ma ce ne sono in ogni ambito. È riuscito a conquistarsi la fiducia, anche se negli ultimi tempi non sempre ha convinto nella gestione della campagna acquisti. C’è stato qualche screzio: questione di scelte e di tempestività negli acquisti. Ma questi sono scenari già visti: Moratti lascia fare mercato, ma poi deve metterci l’ultima parola. Si fida dei suoi uomini, però se qualcosa non gli quadra riesce anche a pensarne male. Così capitò con Mazzola, probabilmente anche Branca rischia la stessa china.
Naturale per una grande società come l’Inter non aver sempre tutti allineati e coperti. Negli ultimi anni Branca si è trovato in posizione di forza, con Oriali i contatti si sono interrotti per due anni. A sua volta l’ex bandiera era l’uomo di fiducia degli allenatori. E, guarda caso, proprio in questi anni così difficili dal punto di vista interno, l’Inter ha ottenuto grandi successi. Anche Mancini non aveva buoni rapporti (da tempi antichi) con il dirigente nerazzurro: sul mercato quasi mai si sono trovati d’accordo, però gli affari sono stati fatti. Con Mancini e Mourinho hanno pesato le scelte dei tecnici, i consigli e la moral suasion sul presidente. Questa è la vera differenza con l’Inter di oggi e con quella che Moratti si appresta a ricostruire. Su tutti ha sempre messo mano il patron: questo va, questo non va. E gli altri filavano a comprare o a disdire l’acquisto. Si trattasse di Recoba o Djorkaeff, Ronaldo o Ibrahimovic (vendite comprese), Vieri, Balotelli (cessione ad accontentare lo spogliatoio) o Eto’o. Poi, chiaro, sono arrivati Brechet e Van der Meyde esattamente come quest’anno sono arrivati Jonathan o il misterioso Juan. Tanti affari e tanti fallimenti.
Branca avrà le sue colpe e se ne addossa anche qualcuna altrui.
L’altra differenza l’ha fatta il danaro: quando c’era o quando scarseggia, come ora. Gli acquisti si fanno con milioni e tempestività: l’Inter è in difficoltà su entrambi i fronti. Moratti si è innamorato di grandi giocatori e altre volte di giocatori bravi ma inutili, poteva acchiappare Messi ma non ha dato ascolto al suo talento intuitivo. La società spesso è arrivata prima. Ma poi.... Mancini consigliò Pato e Hamsik, anche YaYa Tourè che Branca riteneva un trequartista. L’ultimo caso riguarda il cileno Sanchez: era a Udine, bastava spendere. L’Inter non ha speso ed è finito al Barcellona. Moratti non ama prendersi colpe, perfino davanti ai tifosi. Quando sono stati esposti striscioni a San Siro ha risposto per le rime. Il presidente sa di avere tanti meriti, è consapevole dei suoi punti deboli, non va scrutato in televisione o allo stadio.
L’unico Moratti riconoscibile è quello che guarda in se stesso, che si esprime nelle mura di casa o nei momenti di rabbia. Quando gli girano, può fare e pensare di tutto, è un toro (inteso come oroscopo) allo stato puro. Avrebbe licenziato più di una volta Mancini, ha fatto fuori tecnici e giocatori per un nulla. A dicembre del primo anno avrebbe licenziato anche Mourinho che gli aveva fatto ingoiare l’acquisto di Quaresma: Moratti non lo voleva, con ragione. Quindi inutile dire che sul mercato contino Branca o Oriali o chissà chi altro.
Moratti oggi è infastidito e un po’ depresso. Ha capito in dicembre che non sarebbe stato anno. Però ha sperato, e continua a sperare, almeno in un posto in Champions. Questione di orgoglio e di danaro. E gli altri litighino pure: è biada per le banalità.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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