Cosa rappresenta il Mondiale e quali emozioni sia capace di smuovere soprattutto nei paesi lontani dalla ribalta del grande calcio lo abbiamo capito guardando i telecronisti di Panama, abbracciati in lacrime mentre il loro inno veniva suonato per la prima volta. Per il Mondiale si può piangere - di gioia o di rabbia - e per il Mondiale si può addirittura vivere e morire.
Lunedì pomeriggio tra Egitto ed Arabia Saudita c'era in palio soltanto l'onore perché entrambe erano già virtualmente eliminate. Ma era comunque il Mondiale, al Mondiale ogni partita e ogni gol scrivono una pagina di storia. Quello di Salem Al-Dawsari al quinto minuto di recupero, per esempio, ha condannato gli egiziani a tornarsene a casa con zero punti. Un'umiliazione incredibile per la squadra del possibile Pallone d'Oro Salah, una delusione che il cuore di Abdel Rahim Mohamed non è stato in grado di reggere. Il nome, che ai più non dice nulla, appartiene a un ex calciatore e allenatore, commentatore della tv di stato egiziana. Di lì a qualche minuto avrebbe dovuto andare in onda per il dopopartita e invece si è sentito male, è morto dopo un'inutile corsa in ospedale. Infarto. Ucciso da un gol quasi come il colombiano Andrés Escobar, a cui nel 1994 i narcos facero pagare col piombo l'autorete con gli Usa.
Per il Mondiale si può morire se al Mondiale avevi consacrato la tua esistenza. Come l'indiano Alex Dinu, che sul suo diario qualche settimana fa scriveva: «Messi, la mia vita è dedicata a te, in attesa di vederti alzare al cielo la Coppa». Poi è successo che dopo il balbettante esordio con l'Islanda l'Argentina ne ha presi tre dalla Croazia e a quel punto Alex è sparito. Lasciando una lettera: «Non mi resta più nulla da vedere al mondo - ha scritto ai genitori -, me ne vado». Due giorni dopo l'hanno trovato morto nel fiume dietro casa.
Panama, Egitto, India. Quando non sei abituato al Mondiale, il Mondiale può sconvolgerti l'anima.
Non è evidentemente il nostro caso. Da noi, che l'abbiamo vinto quattro volte, Italia-Svezia è stata metabolizzata abbastanza alla svelta. E forse è anche per questo che stavolta abbiamo meritato di stare fermi un giro.
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