
Non dice apertamente di avere parlato con John Elkann, ma di avere «sentito vicina la proprietà». Thiago Motta ha l'espressione un po' così, tipica di coloro i quali non sanno bene cosa aspettarsi dal futuro. Il fatto è che alla Juve conta soprattutto il presente: oggi, a Firenze, bisognerà quindi che la squadra reagisca e si metta alle spalle il disastro della settimana scorsa contro l'Atalanta, con quei quattro gol presi in casa che hanno riportato indietro l'orologio addirittura alla fine degli anni '60. Motta è in discussione, non c'è dubbio: lo sarà a fine stagione e lo sarà a maggior ragione stasera, se dal Franchi non tornerà con una vittoria o con una prestazione convincente. «Percepisco la totale fiducia della società, con cui ci sono rapporti quotidiani. Il mio futuro non è comunque la priorità: quella ce l'ha sempre la prossima partita. Nel nostro mestiere l'allenatore è in discussione dal momento in cui firma il contratto: io stesso mi metto in discussione ogni giorno. La cosa più difficile è mantenere la calma e restare lucidi per fare un'analisi attenta sull'attualità: è quello che sto cercando di fare, sarebbe sbagliato sprecare energie pensando al resto».
Al resto ci si penserà più avanti, allora. Oggi servono i punti, per inseguire il quarto posto e provare a cementare almeno un minimo il contratto che lo legherebbe alla Juve fino al 2027 ma che oggi pare molto in bilico, con il casting per il successore (Mancini, Gasperini, Conte) già lanciato. Motta è tuttavia obbligato a badare soltanto all'oggi, restituendo vitalità a un gruppo apparso sfibrato contro l'Atalanta e che oggi si troverà di fronte due ex bianconeri che in Toscana stanno facendo molto bene: Kean (15 gol in campionato) è diventato in fretta un punto fermo della Viola, Fagioli lo diventerà presto. Due che la Juve ha quasi svenduto (18 milioni bonus compresi per l'attaccante, uno in più per il centrocampista), dopo avere viceversa strapagato prima Vlahovic (70) e poi, la scorsa estate, Nico Gonzalez (33, più 5 di bonus).
Giocatori, questi ultimi, che a Torino non hanno reso per quanto sperato e che oggi partiranno quasi certamente in panchina: Nico per di più non segna dal 22 dicembre, mentre il serbo è diventato il simbolo di un attacco che non funziona e che ha visto strada facendo impantanarsi anche Kolo Muani, a secco addirittura da sette partite dopo un inizio scintillante.
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