Mou, il re "Giuseppe". Sistema i conti dell'Inter e cancella l'era Conte

"Se vinci lo scudetto ma non hai i soldi per gli stipendi... Non fate paragoni con Herrera e me"

Mou, il re "Giuseppe". Sistema i conti dell'Inter e cancella l'era Conte

Un cambio di passo. Un cambio di mentalità. La Roma accelera. Lo fa con José Mourinho, presentato ieri dalla Terrazza Caffarelli in Campidoglio. «Vicino a Marco Aurelio», come sottolineato dal tecnico. La sua conferenza stampa è stata trasmessa in diretta in 50 Paesi, solo sulla pagina Facebook della Roma erano collegati in 20mila. Partecipazione totale, ma d'altronde fra la curiosità degli appassionati e l'entusiasmo dei romanisti, era impossibile fosse diverso. «Ringrazio i tifosi perché la reazione è stata eccezionale - ha spiegato Mourinho - Mi sento in debito, perché l'accoglienza è stata emozionante». Il tecnico portoghese è stato particolarmente ammiccante con piazza e società, cominciando il suo solito lavoro di immersione totale nell'ambiente in cui lavora. «Non ho parlato con Sergio Ramos e con nessun giocatore. Parlo con il mio club. Il ds però mi perdonerà se dico che, con l'infortunio di Spinazzola, ci serve un esterno a sinistra. Io non sono qui per la bellezza della città, sono qui per lavorare. La città ha un legame stretto con la Roma squadra, è ovvio: il simbolo, i colori, il nome... Nel mondo si confondono un po' città e club. E questa per me è una grande responsabilità».

Lo Special One ha poi anche risposto a chi ha sminuito i risultati ottenuti negli ultimi anni: «Al Chelsea ho vinto il campionato, a Manchester l'Europa League e altre due coppe e al Tottenham sono arrivato in finale di coppa. Quel che per me è un disastro altri non lo hanno mai fatto in vita». I paragoni con Conte, che ha riportato l'Inter alla vittoria, non gli sono andati giù: «Ci sono allenatori nelle storie del club che non bisogna paragonare mai. Qui si parla di Liedholm o di Fabio Capello e non devono essere paragonati mai con nessuno. Se si parla dell'Inter invece non bisogna paragonare nessuno con me o con Herrera». E poi la frecciata: «Facile conquistare titoli se poi non si possono pagare gli stipendi...».

Altro messaggio d'amore alla piazza, non vuole che si dica che questa è la Roma di Mourinho. «Voglio che la Roma sia dei romanisti, non mia. Io non sono nessuno. Eventualmente parlate della Juve di Allegri, del Napoli di Spalletti o della Lazio di Sarri. Ma non mi piace che si parli della Roma di Mourinho». Dal punto di vista tattico lo Special One non si è sbilanciato molto: «Abbiamo un'idea, ma ci dovremo lavorare. Ho una squadra tecnica, fantastica, che mi piace tanto. Qui c'è gente di talento e di passione». A proposito di passione: il portoghese sa anche che i giallorossi non vincono da 13 anni. L'ultimo titolo (Coppa Italia) è del 2008. L'obiettivo è riportare gioia e trionfi dopo tanti anni, proprio come fatto in altre piazze in precedenza. «Se devo immaginare la Roma fra tre anni, quando mi scade il contratto, mi piacerebbe vederla festeggiare. Non so cosa. Ma vorrei si festeggiasse». Se ci riuscisse, secondo qualcuno, i bambini prenderebbero tutti il suo nome.

«No, non José - ha risposto lui scherzando - Joseppe semmai». Mourinho comincia a plasmare ambiente e squadra. Ammiccante, strategico, furbo. Ma soprattutto ambizioso. Come è sempre stato. E la Roma, con lui, ha già cambiato passo, palesando le proprie ambizioni.

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