C'è una nazionale italiana che rischia di avere molto più seguito in America che da noi. È quella del baseball che oggi a Taiwan scenderà sul diamante per il Mondiale dei professionisti, il World baseball classic che per noi si apre con Italia-Cuba (ore 12 su Sky), un torneo che cerca di smarcarsi dallo strapotere della Major league americana, il campionato che nel baseball pesa molto più degli stessi mondiali. Tanto è vero che gli americani definiscono le finali del loro campionato come World series.
Il Mondiale che si gioca ogni quattro anni è dunque il momento del riscatto per tutti quei giocatori non statunitensi che finalmente possono battersi per i loro paesi e vestire orgogliosamente le maglie della Repubblica Dominicana o del Venezuela, di Cuba o di Portorico, tanto per citare i maggiori fornitori di giocatori delle Major league. E tra le 20 nazionali del Mondiale (divise in quattro gruppi da cinque) c'è anche l'Italia che affronterà Cuba, Panama, Taiwan e Olanda e che per non sfigurare e portarsi a casa un po' di dollari per le casse del nostro povero baseball, pesca a piene mani tra gli italo-americani, i figli e i nipoti dei vecchi paisà.
Una Nazionale non a caso affidata a un ct, Mike Piazza, che dalle nostre parti passa quasi inosservato mentre in America è un idolo. Grandissimo ricevitore dei Los Angeles Dodgers e dei New York Mets, eletto nella Hall of fame del baseball Usa, Piazza è l'uomo che ha fatto piangere New York battendo il primo fuoricampo nello stadio dei Mets nella prima partita giocata in campionato dopo la tragedia delle torri gemelle. Che per la città significò il ritorno alla vita.
A Piazza la nostra federazione ha affidato il compito di rastrellare i campionati americani a caccia di giocatori con parentele e passaporti italiani, visto che contrariamente a quanto fa ad esempio la Repubblica Ceca, non ce la siamo sentita di andare con una squadra tutta autoctona. Il risultato però è stato completamente opposto, nel senso che alla fine gli azzurri di questa nazionale nati dalle nostre parti sono solamente 6 (Bocchi e Mineo del Parma, il romano Scotti, il milanese Pinazzi, il bolognese Bassani e il sammarinese Ercolani), mentre l'ossatura della squadra sarà imperniata su stelle come Lopez e Pasquantino dei Kansas City Royals, Harvey e Fletcher di Baltimora e Los Angeles o Pallante di St.Louis. Senza contare che uno dei più italiani tra questi è il lanciatore Joey Marciano (nella foto), niente meno che pronipote del grande Rocky, leggenda della boxe di origini abruzzesi. Il nonno dell'azzurro del baseball era cugino del mito del ring di cui quest'anno ricorre il centenario della nascita. E Joey ha già promesso che sarà a Ripa Teatina il 1° settembre a celebrare la ricorrenza dell'illustre prozio.
Certo, una Nazionale molto più americana che italiana, che fa storcere il naso ai molti puristi
del nostro baseball. Ma se pensiamo che anche il nostro sport nazionale ha avuto bisogno di attingere ai Jorginho, agli Emerson e persino ai Joao Pedro, possiamo perdonare le debolezze di tutte le altre discipline azzurre.
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