Nibali, uno yeti in rosa nel Giro d'Italia surgelato

Tagliato il Sestriere, oggi Galibier chiuso per neve: vince il maltempo. Ma Vincenzo ne approfitta ancora e stacca tutti anche nella bufera

Santambrogio taglia il traguardo davanti a Nibali
Santambrogio taglia il traguardo davanti a Nibali

dal nostro inviato a Bardonecchia

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Salve, un caro saluto dal Giro d'Italia, manifestazione di nuovo conio che intende promuovere gli sport d'acqua e le discipline alpine - canottaggio, nuoto, tuffi, ciaspolade - sul territorio nazionale. La promozione prosegue a gonfie vele: se si esclude un paio di deplorevoli giornate di sole, il diluvio universale di questo simpatico maggio sta creando una serie di eventi davvero ragguardevoli. Qualcuno ha aperto i rubinetti all'inizio e si è scordato di richiuderli. Cateratta continua. Inutile però farsi prendere dal panico: in un Giro comandato dal patron che si chiama Acquarone, tutto questo ha il sapore dell'ineluttabile.

Mai vista tanta acqua tutta assieme. Pare che abbiano convocato il raduno mondiale dei monsoni e delle inondazioni, per un franco e civile confronto. I poveracci del Giro sono tutti mezzi malati, ai raduni di partenza si sentono tossi e scatarrate da pietoso cronicario: eppure vanno avanti. Si dice sempre che alla fine vincerà il più forte, ma stavolta il più forte non dovrà esserlo solo in bicicletta: dovrà esserlo soprattutto a livello fisico, un superuomo capace di stare in ammollo per tre settimane senza prendersi un accidente.
Per il momento questo durissimo test anfibio sta premiando Nibali. Il nostro campione rosa, uomo di mare e di sole, a temperatura zero in maglietta estiva, regge bene. Molto meglio del british Wiggins, uomo del Nord e della pioggia, miseramente schiattato a metà strada. Vai a sapere, qui gira tutto alla rovescia.
Servirebbe un'Arca per caricarceli tutti sopra e solcare le onde in sicurezza, questa la verità. Invece il regolamento impone di usare sempre la bici, anche in queste strane discipline d'acqua e di neve, come a "Giochi senza frontiere". Volano per terra nelle curve, raggiungono i loro rottami a larghe bracciate, poi ripartono ineffabili (qualcuno, purtroppo, no: venendo via da Cervere, Battaglin e Vanotti restano sull'asfalto e devono ritirarsi).

Sono eroi e martiri, dopo tutto. In altri sport esiste la sospensione per impraticabilità del campo, qui non è prevista. Non esiste la sospensione del Giro per impraticabilità d'Italia. Si gioca a prescindere, si gioca comunque. Sono possibili solo aggiustamenti in corsa: nei casi estremi, si tagliano i tratti insormontabili. E' il caso del Sestriere, sarà il caso quest'oggi dell'arrivo sul Galibier: lassù, dove la pioggia diventa neve e ghiaccio, c'è un limite. E va bene che il ciclismo è sofferenza, ma appena oltre c'è la mattanza. Purtroppo, a rimetterci un po' è la gente: ci sono città e contrade che investono molti soldi, preparano feste per mesi e mesi, poi si vedono rovinare tutto dall'onda di piena del meteo fetente. Quando compare miracolosamente un raggio di sole, gli spettatori rispuntano come funghi. Ma è dura pure per loro. Stare a bordo strada sotto la doccia gelida, per ore e ore, rasenta il masochismo. E hai voglia di dire che non pagano.

I valorosi del tifo si presentano persino sullo Jafferau, l'arrivo in quota per yeti e gatti delle nevi. Puntuali e indomiti, temperatura sullo zero, acclamano gli stoccafissi in bici, ancora capaci di darsi battaglia. E ancora una volta, al termine di una tappa comunque vera e feroce (chiedere a Scarponi e Gesink, staccatissimi e semiassiderati), il migliore di tutti si conferma sempre lui, il Rain Man in rosa, Vincenzo Nibali, ancora all'attacco. Non vince la tappa solo per il bel gesto allo sprint che tanti padroni concedono a chi lo merita, per non uscirne da ingordi. Nel caso specifico il beneficiario è Santamborgio, protettore dei surgelati. Giusto, sbagliato? E' l'eterno referendum: il campione deve sempre vincere, no il campione dev'essere anche signore. Nibali non partecipa al televoto, bada alla sostanza: «Ho visto i miei rivali un po' sulle gambe, così ci ho provato nel finale, dov'era più ripida. Ho aumentato il vantaggio su Uran e su Evans, sono molto contento, è questo che conta».
P.S.

: qualcuno fermi Andrea De Luca, il motocronista Rai: appiedato dal maltempo, compare tra gli Inguardabili del "Processo" per raccontare che l'australiano Evans «è nato nella jungla africana». Non è che lo sta scambiando per Mowgli?

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