Potere è diventato dovere. Cinque anni fa sarebbe stato impensabile, per Ajax e Atalanta, indicare tra gli obiettivi stagionale gli ottavi di Champions. Nonostante i diretti interessati glissino (per Gasperini «abbiamo comunque la certezza di giocare in Europa League», per Overmars «siamo in un anno di transizione»), i 9,5 milioni di euro in palio per il passaggio del turno sono fondamentali. Nel 2016 l'Atalanta aveva un fatturato pari a 48 milioni di euro e stava disputando l'incredibile stagione che l'avrebbe vista tornare in Europa dopo 26 anni. Nello stesso anno l'Ajax, giro di affari pari a 93 milioni, aveva raggiunto la finale di Europa League dopo l'ennesimo preliminare perso in Champions. Il gap tra i due fatturati, all'epoca ammontante al 94%, è oggi sceso al 15%, con gli orobici che nel 2020 si sono attestati sui 141 milioni contro i 162 degli olandesi.
Se nel 2016 i salari di Atalanta e Ajax ammontavano rispettivamente a 40 e 47 milioni, oggi le cifre sono 60 e 92 milioni. Per ogni euro guadagnato, gli olandesi spendono in stipendi 57 centesimi, i bergamaschi 49. Incrementi che portano alla crescita della qualità della rosa, come indicato dalle spese per ammortamenti: 31 milioni per l'Atalanta, 53 per l'Ajax. Secondo il CIES circa l'80% delle partite di Champions vengono vinte dalle squadre favorite, in quanto dotate della rosa migliore grazie a un budget superiore.
Sotto questo profilo, l'Ajax è davanti all'Atalanta, e per questo motivo
l'eventuale qualificazione degli uomini di Gasperini assumerebbe ancora più valore. Ma per entrambe il processo di crescita economica necessita una conferma in campo, portando alla trasformazione del verbo potere in dovere.
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