Ai sorrisini irridenti del ministro Spadafora che ha giocato di sponda con Fabio Fazio, domenica sera, dagli schermi di Rai2, Gabriele Gravina, presidente del calcio italiano, ha replicato con una dichiarazione seria, molto meditata, che ha conservato toni sereni e disponibilità al confronto oltre che alla correzione del protocollo presentato qualche giorno prima.
È stata, indirettamente, una lezione di stile spedita al politico con un invito finale teso «a giocare di squadra», riferimento esplicito al presidente del Coni Malagò che fin qui ha remato contro la serie A e la sua voglia di ricominciare. «Vogliamo farlo in sicurezza e non a ogni costo» ha spiegato Gravina impegnandosi così a percorrere «una strada seria e responsabile» nella consapevolezza che l'eventuale stop definitivo alla serie A «provocherebbe un danno all'intero sport italiano» del quale è principale sovvenzionatore senza esserne azionista. Le sue cifre sono sotto gli occhi di tutti: 2,8 miliardi di fatturato, indotto con lavoro per 250 mila persone.
Per evitare che l'altolà proclamato da Spadafora, in nome e per conto del comitato scientifico di palazzo Chigi, si possa trasformare in una guerra santa tra medici, sempre Gravina si è detto disponibile «a integrare e modificare» il protocollo preparato dai suoi esperti, documento al quale ha collaborato in prima persona un fior di medico, il professor Paolo Zeppilli, cardiologo di fama, criticato dalla lettera di alcuni medici dei club nella quale era contenuta una contestazione di natura sfacciatamente politica («cosa direbbero i cittadini se facessimo tutti quei tamponi ai calciatori?»). L'obiettivo è uno solo: «Delineare il perimetro nel quale operare».
Frase simbolica condivisa dal presidente Dal Pino della Lega di serie A e da molti club autorevoli che vuol dire: fate tutte le correzioni di questo mondo ma dateci indicazioni precise e date sicure per consentire la ripresa. Come si può rimproverare, in questo clima di eterna incertezza, ad alcuni club di ritardare la convocazione dei propri tesserati, rimasti ancora all'estero. «Se non sappiamo se e quando giocheremo, come possiamo farli rientrare?» l'obiezione pertinente. Per dare ulteriore forza a questa posizione, nei prossimi giorni, potrebbe essere convocata un'altra assemblea dei club di A capace di stilare un documento dello stesso tenore da inviare al ministro Spadafora. Al termine di un consiglio di Lega informale è emerso il disappunto per la posizione di Spadafora e indica nel 14 giugno la data limite per ripartire.
Il calcio di A è rimasto tra color che son sospesi, gli altri sport invece, con Giovanni Malagò, presidente del Coni portabandiera, hanno brindato al 4 maggio.
Il post pubblicato del numero uno del foro Italico, accompagnato da un video che tiene conto dello stato di abbandono degli impianti gestiti, è stato didascalico: «Torneremo ad allenarci, a gareggiare e a gioire insieme. Viva lo sport, viva l'Italia». Ecco, a gareggiare e a gioire tutti, tranne il calcio. E la differenza, che ha il sapore del pregiudizio coltivato anche in una parte dell'opinione pubblica, ha lasciato il segno.
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