O Rei ha pregato con la famiglia e i medici. E ora l'ultimo saluto nello stadio del Santos

I figli accanto: "Tutto quello che siamo è grazie a te. Ti amiamo infinitamente..."

O Rei ha pregato con la famiglia e i medici. E ora l'ultimo saluto nello stadio del Santos

San Paolo. Stavolta o Rei non ce l'ha fatta ad uscire vivo dall'ospedale Einstein di San Paolo dove negli ultimi anni era ormai diventato un paziente di casa. Prima per una brutta artrosi poi per un cancro al colon che lo aveva colpito nel 2021. Il suo ultimo ricovero era cominciato lo scorso 29 novembre. Colpito dal Covid Pelé era stato costretto a ricorrere alle cure ospedaliere per una sopraggiunta infezione ai polmoni.

«Tutto quello che siamo è grazie a te. Ti amiamo infinitamente. Riposa in pace» ha scritto la figlia Katy su Instagram poco dopo la sua morte. Poco prima di Natale tutta la famiglia si era raccolta al suo capezzale. I figli fino all'ultimo speravano di riuscire a portare a casa il padre per festeggiare almeno il Natale ma le condizioni erano peggiorate. Qualche giorno prima sull'Instagram ufficiale del campione era stata pubblicata una sua lettera aperta. «La vita è una opportunità» si leggeva - quello che decidiamo farne dipende da noi. Possiamo avere successo ma anche sbagliare. Nella vittoria veniamo celebrati ma è nella sconfitta che impariamo». Per poi aggiungere che «la vita è sempre generosa e offre nuovi inizi. Ogni giorno che passa, iniziamo un nuovo cammino. E in questo ciclo alimentiamo sogni che non muoiono mai, a prescindere dagli ostacoli che incontriamo».

Campione sul campo di calcio ma anche nella vita, nonostante qualche ombra. Da una figlia, Sandra, che tardò a riconoscere al figlio Edinho, arrestato più volte per riciclaggio e traffico di droga, Pelé ha giocato ogni istante della sua vita con l'intensità di chi è nato povero ma ha realizzato il suo talento

Nato come Edson Arantes do Nascimento a Três Corações, una cittadina di 75mila abitanti nell'entroterra del Minas Gerais circondata da piantagioni di caffè, l'aveva resa famosa in tutto il mondo. Da 10 anni Três Corações gli aveva dedicato un museo con i suoi trofei e costruito una casa replica di quella della sua infanzia trascorsa con i fratelli Zoca e Maria Lúcia Nascimento e i genitori. La madre Celeste Arantes do Nascimento, è ormai centenaria e vive da anni a Santos. Al padre João Ramos do Nascimento anche lui calciatore nella squadra locale di Vasco de São Lourenço, noto con il nome di Dondinho, O Rei deve tantissimo a partire dal nome che lo consegnerà alla storia, Pelé. La leggenda vuole che da ragazzino o Rei amasse giocare in porta, ispirato dal portiere José Lino da Conceição Faustino, detto Bilé, un amico della squadra del padre. Non riusciva però a pronunciarne il nome, Bilé e lo storpiava con Pilé. Così i suoi amici alla fine lo ribattezzarono Pelé.

In questa ultima fase della sua vita segnata dalla sofferenza fisica in cui tutto quello che si poteva fare dal punto di vista medico è stato fatto, Pelé fino alla fine ha dato al mondo una lezione di umiltà: lottando, assaporando la vita in ogni istante ma anche accettando il suo destino. Ha persino seguito in tv i Mondiali in Qatar che gli hanno reso omaggio. Circondato dai suoi sei figli e dalla terza moglie Márcia Aoki, O Rei ha pregato fino alla fine, persino con i medici e gli infermieri che lo avevano in cura all'ospedale.

Appena saputa la notizia della sua morte a migliaia i tifosi si sono recati a Vila Belmiro, nel centro della città costiera di Santos dove Pelé è nato come campione. Lo stadio del quartiere, che ha ospitato anche i mondiali del 2014, è stato scelto dallo stesso O Rei perché il Brasile potesse dargli l'ultimo saluto prima della cremazione. Lo stato di San Paolo e la città di Santos hanno dichiarato il lutto per sette giorni, mentre la maglia numero 10 del Santos FC sarà ritirata. «Il calcio mondiale ha perso un mito» gridano i tifosi accorsi per dirgli addio. «Il suo nome risuonerà in tutti gli angoli del pianeta» dicono giovani e adulti non riuscendo a trattenere le lacrime. In questo clima surreale da fine dell'anno e di fine di un mito aleggiano allora su tutti i presenti le parole della lettera testamento del campione: «Non so cosa in Brasile ci renda così pazzi per il calcio.

Se è l'amore che ci unisce o perché il calcio ci fa dimenticare i nostri problemi di fame e povertà per 90 minuti. Ma non importa il motivo. Questo tifo ci ha unito. E il mio sogno è che questo sentimento duri per sempre».

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