Italia a mano armata. Non c'entra nulla il film di Franco Martinelli. L'anno non è il 1976. Il nostro tempo è adesso. A Londra. Nelle Olimpiadi del 2012 gli azzurri stanno dando simbolicamente scacco ai pacifisti. E alle discipline che non prevedono l'uso delle armi. Al momento, le uniche vittorie "non violente" sono arrivate dalla canoa e dagli anelli. Per il resto è tutto un pullulare di medaglie "cattive".
L'arma che si trasforma in oro, argento, bronzo. Salgono sulla pedana le azzurre del fioretto? Vincono. Salgono i loro omologhi maschili? Vincono. La forza del gruppo conta, eccome. Ma anche individualmente i nostri atleti si fanno valere. Non soffrono la solitudine. E quando uno di loro soccombe, lo fa con un altro connazionale (come è successo a Montano con Occhiuzzi).
Maschi o femmine non importa. Le armi olimpiche bruciano le tappe e fanno quello che in decenni di lotta per la parità dei generi non si è ancora riuscito a fare. Uomini e donne sullo stesso gradino del podio. Semplicemente atleti, azzurri, italiani.
Imbracciano l'arco? Vincono ancora. Impugnano il fucile a canna lisca del trap? Lambiscono la perfezione: 99 piattelli su 100. Ancora oro. Ancora una vetta. Gli date in mano una carabina? Stravincono. Come ha fatto Campriani: oro nella specialità dai 50 metri e argento in quella da 10 metri. Cambiate pure le distanze, ma il risultato cambia poco. Il podio è sempre lì: calcato dai piedi azzurri. Volete provare con la pistola ad aria da 10 metri? Ancora medaglia. O ancora col tiro a volo nella fossa olimpica? Argento. Armi bianche o armi da fuoco, la differenza al massimo è nel colore delle medaglia, ma la sostanza non cambia. E se proprio ci fosse qualcuno insofferente alla vista delle armi, l'Italia olimpica ha pensato pure a lui. Anzi, lei ha pensato a lui. Quella Rosalba Forciniti che con l'ausilio della sua possenza fisica ha conquistato il bronzo nel judo, categoria 52 kg.
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