Patrizio Oliva è uno che ha dato tanti pugni in vita sua e non ha ancora finito, soprattutto se gli metti davanti i numeri della spedizione azzurra a Rio. Qualcuno ha detto: ricambio generazionale. Ma in realtà: dov'è finita la nobile arte italiana? Frantumata come lo zigomo di Vincenzo Mangiacapre, volato via con una borsa di ghiaccio sulla guancia dopo l'inutile vittoria contro il messicano Romero. Oppure negli occhi fieri di Carmine Tommasone, il pro visto come un intruso dai compagni, che ieri ha perso col cubano Alvarez. Siamo ko insomma, anche se resta ancora Clemente Russo, oggi sul ring contro il russo Tishchenko. Ma Oliva - oro di Mosca 1980 e mondiale nei Superwelter - continua a colpire dai microfoni Rai. E senza nascondersi dietro i guantoni.
Innanzitutto, Patrizio: hanno cambiato la boxe
"Assurdo: qui a Rio hanno messo insieme due sport diversi, quello dilettanti e quello dei pro. Praticamente un ibrido senza senso".
Dunque non ne valeva la pena.
"A Rio sono venuti solo tre professionisti. E allora: a cosa è servito? A dimostrare che tre o quattro dilettanti di livello possono essere battuti soltanto dai pro? E se ci fosse stato uno come Klitschko, il nostro Vianello che ha 20 anni come sarebbe finito? Per dimostrare che Klitschko può battere Savon se ne mandano al massacro altri venti? Ma dai".
Hanno tolto pure il caschetto...
"Però io su questo sono d'accordo. Volevano evitare che la gente vedesse meno violenza in tv, ma il pugilato è uno sport cruento: i match di Tyson facevano audience perché tutti aspettavano il ko. Cancellare il ko è come togliere il rischio alla F1. E poi il caschetto ha prodotto danni".
In che senso?
"Non voglio fare lo sbruffone, ma io sono diventato un fenomeno della mia epoca senza. Si imparava a difendersi, mentre ora, così tutti coperti... E meno male che sono tornati anche i cartellini: le macchinette segnapunti dovevano evitare scandali e invece hanno prodotto altra malafede. E distrutto l'arte di questo sport".
Resta un fatto: il pugilato non fa più audience.
"Da noi, dove mancano i personaggi. Se Russo, Cammarelle, Valentino fossero diventati pro sarebbe cambiato tutto. Scelta condivisibile la loro, si sono garantiti stipendio e pensione. Però...".
Però Oliva non l'avrebbe mai fatto.
"Per restare dilettante mi avevano fatto ponti d'oro, ma io volevo completarmi, sfidare i migliori. Puoi vincere anche tre Olimpiadi, ma non sarai mai un boxeur fatto e finito. E chi lo dice che Stevenson poteva battere Alì? Nessuno. Così come Russo, Cammarelle o Valentino non potranno mai dire di essere stati come Oliva".
Non ci sono più i pugili di una volta
"Non c'è più la tecnica. Ma io dico: l'hai vista la squadra italiana? Tutti che combattono con le mani sulle palle, nessuno che sa più come ci si difende. Ma chi si credono di essere? Presuntuosi: prendono i cazzotti in bocca e fanno i professori".
Ci resta però Russo.
"Clemente ha un avversario che ha solo i titoli: campione d'Europa, campione del mondo ma è il fantasma di un campione. Se Tishenko è quello che ho visto qui a Rio, la boxe possiamo seppellirla. Un principiante".
Resta la speranza di medaglia
"Sì, certo: Russo davanti non ha nessuno. Ma io ti dico anche che la categoria più scadente qui alle Olimpiadi è proprio la sua, quella dei massimi. Russo compreso, purtroppo...".
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