Ma quando arriva il momento di invecchiare? Si sa, è il mestiere più difficile del mondo, figurarsi per uno sportivo che in una vita deve farlo due volte. Il caso Buffon insegna: non arrendersi mai vuol dire alla fine perdere, eppure pur sapendolo si finisce per far finta di niente. Come se il calendario potesse distrarsi. È già successo, risuccederà. Totti e Valentino Rossi, per dire: anche se giudicare da fuori è troppo facile, perché noi faremmo come loro. Poi però arriva la lezione di Rafa Nadal, uno che quando parla non spreca mai le parole. Oggi a Roma gli tocca il match contro Sinner, che ha 15 anni di meno, e lui fa capire che bisogna avere mente lucida per gestire la gioventù che ormai è altrui: «Incontrare un ragazzo di talento non cambia il mio modo di giocare. Ma io, Djokovic e Roger non siamo eterni, anzi ormai siamo vecchi. Facciamo meno tornei perché il fisico non regge più come prima, e facendone meno perdiamo qualcosa. E poi gestiamo meno bene inconvenienti come la pandemia: la sopportazione di un giovane è diversa. Non c'è nulla di male in questo: la ruota della vita gira, bisogna esserne coscienti. Anche di sapere che non vincerai più come prima. E che presto sarà finita». Ecco: il problema è il senso dell'immortalità che entra nella testa e annebbia la realtà.
Il tempo passa e la prossima parata potrebbe essere quella ti rovina una carriera. Così meglio fermarsi al limite, come insegna Nadal c'è un'altra vita davanti. Niente tragedie, niente speravo de morì prima. Anche perché così, poi, si finisce per morire due volte.
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