«Siamo un altro Milan» garantisce Stefano Pioli. Lo ripete in modo quasi ossessivo perché brucia ancora, sulla pelle del suo gruppo, quel 5 a 0 incassato a Bergamo a fine 2019 e che rappresentò il punto più basso della sua gestione. Poi Gazidis contattò Rangnick, arrivarono Ibra e Kjaer e accaddero un bel po' di cose fino alla svolta di martedì notte, settimo successo sul Sassuolo e annuncio della conferma di Pioli. L'Atalanta invece è sempre la stessa e adesso, in vista dello striscione d'arrivo, trova particolare eccitazione nel confezionare due record storici: il secondo posto in classifica, alla faccia di Conte e dell'Inter («per noi non è essere primi dei perdenti», la puntura di Gasp), e centrare i 100 gol fatti. Per ottenere il primo servono 7 punti, per toccare il secondo 5 sigilli. Si fa presto a dire siamo un altro Milan specie se si prende atto che manca mezza difesa, con Romagnoli e Theo fuori, Kjaer acciaccato e Conti idem. Eppure c'è una curiosa affinità tra i due tecnici inseguiti da un'etichetta scomoda e anche ingenerosa.
Già perché per via di quel passaggio brevissimo e sfortunato ad Appiano Gentile, Gasperson si ritrovò sulle spalle il cartello di non adatto al top club mentre invece il lavoro svolto a Genova, Palermo e Crotone segnalava qualità che i morattiani non ebbero né tempo né voglia di aspettare. Identico destino quello di Stefano Pioli protagonista di risultati eccellenti alla Lazio, a Firenze, a Bologna prima d'essere impallinato dagli interisti che lo avevano accolto con il titolo di traghettatore. «Se un tecnico arriva in un club per salvarlo e riesce nell'impresa è da considerare un vincente» la frase con cui il parmigiano si il libera di tutte queste cianfrusaglie del calcio italiano per godersi il rinnovo milanista che è una sorta d'ingresso nel circolo dei tecnici di successo.
Gasp è seduto al tavolo da tempo, da quando ha fatto meraviglie con l'Atalanta. È vero: i due sono diversi nella comunicazione e nel carattere. Uno, Gasp, è capace di urla belluine e di intemerate delle quali non si pente, come l'ultima sceneggiata alla panchina bolognes, l'altro Pioli sembra invece dotato di nervi d'acciaio. Come si fa a resistere, pacifico mentre Rangnick parla del suo Milan, della sua panchina e del suo mercato? Lui resiste come reduce da una seduta di meditazione zen.
Identica reazione se Ibra mal sopporta una sostituzione. Adesso si contendono una serata di rivincite improbabili e di passione europea perché dietro il Milan e il secondo posto, per la Dea c'è sempre Lisbona e la Champions.
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