Purtroppo l'imbarazzante quesito va posto. Non si può far finta di niente e aspettare e tergiversare ancora. Anche se un eventuale, probabile, prevedibile risposta affermativa un poco ci scompenserà l'animo. Perché purtroppo ieri, oggi, di certo anche da domani e dal prossimo Gp, purtroppo il motomondo si è domandato, domanda e domanderà se le fondamenta su cui poggia da vent'anni a questa parte vanno riedificate. Se i calcoli rifatti. Se le statistiche riconsiderate. Perché il marziano calato sulla terra senza avere tre occhi e pelle verde, ma con stampato perennemente in faccia il sorriso del pianeta suo, il marziano costringerà tutti a interrogarsi e a riconsiderare le gerarchie del motomondo. E dunque: Marc Marquez è proprio più forte di tutti? E più forte dei rivali non solo nel presente, ma anche pensando a certe immensità motoristiche che l'hanno preceduto?
Dopo la quarta pole, a Jerez ecco infatti la quarta vittoria di fila in avvio di mondiale come non accadeva dai tempi di Mick Doohan, campionato millenovecentonovantadue, Mick dotato di stessa moto, Honda ufficiale, stagione meravigliosa e spaventosa al tempo stesso visto che incorse nel terribile e malcurato schianto di Assen che quasi gli costò la gamba. Ventidue anni fa l'australiano fu l'ultimo a firmare questa serie vincente che ricordava i fasti di Agostini. Per cui, di nuovo: siamo di fronte al più forte di tutti?
Di Valentino ad esempio. Che a Jerez fa grande gara e azzanna il podio alto, secondo posto, mai impensierito dal compagno Yamaha Lorenzo fuggito poi via dal catino andaluso infuriato col mondo. Garona del Dottore tornato quel che era. Il suo avvio di mondiale parla chiaro: secondo in Qatar, ottavo e confuso ad Austin, quarto in Argentina e ora con il nuovo telaio Yamaha finalmente vicino alla personalissima quadratura di un cerchio rimasto curvo e storto per troppi anni. Dirà: «Merito della gomma dura sull'anteriore, forse proprio la scelta della morbida ha tradito Jorge, ma soprattutto merito del sistema di lavoro ai box, con Silvano (Galbusera, ndr) la Yamaha ci ascolta...». Sott'inteso, lo scorso anno con Jeremy Burgess non accadeva. Forse non bello che lo faccia notare, ma comprensibile lo schietto e impietoso entusiasmo di Valentino che lo scorso anno, tornato all'amata Yamaha, aveva realizzato che nelle ultime stagioni stava pagando colpe non solo sue. Sta di fatto che Rossi ha trovato, oltre alla messa a punto, di nuovo la forma e la fiducia che furono, oltre a uno stato di grazia che gli consente adesso di tenere a bada, e possibilmente confondere, persino Lorenzo.
Problema: quello che bastava ieri, oggi non è sufficiente. Una volta il Dottore non aveva a che fare con il marziano che sorride. Infatti ha ammesso «ho provato a stargli davanti», infatti ha lottato nell'iniziale botta e risposta di vertice, «ma non c'è stato nulla da fare...» confiderà. ET è volato via, qualche piega al limite, qualche rischio preso, poi saluti a tutti, compagno Pedrosa compreso, ormai più che un pilota, un'unità di misura per capire quanto sia grande Marc.
Ovvero: il Dottore, come faceva un tempo, appena ritornato ai propri livelli ha messo dietro due fuoriclasse di nome Lorenzo e Dani. Il marziano ha più sbrigativamente rimesso dietro tutti, lamentandosi col sorriso «pensavo di dover lottare di più» e riproponendo indirettamente l'imbarazzante quesito: ma uno così forte nel motomondo c'era mai stato?
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