Sochi - Kjetil Jansrud Andrew Weibrecht Jan Hudec I tre nomi sul podio del superG maschile non arrapano chi è venuto per assistere alla vittoria di Svindal o di Innerhofer o di Miller. Ma eccolo Bode, c'è anche lui sul podio, sul gradino più basso assieme a Hudec, e cos'ha Bode, ha gli occhi lucidi? Sì, Bode ha pianto. Ma non per la delusione di aver perso l'oro, e nemmeno per la gioia della sesta medaglia olimpica della carriera. No, Bode ha pianto perché oggi come mai ha sentito la mancanza del fratello Chelone, morto nell'aprile 2013 per una crisi epilettica. Forse in pochi lo hanno notato visto che Miller in partenza assume sempre una posizione molto eretta, ma dall'inizio di questa stagione, la prima senza Chelone, lui in quel momento cerca una connessione col fratello guardando in alto verso il cielo. «E la trovo, sempre. Per la gara di oggi gli avevo chiesto di aiutarmi e così è stato, i centesimi sono stati dalla mia parte, potete chiamarla fortuna, ma io credo che sia qualcos'altro». Lo aveva detto anche prima di arrivare a Sochi che qui avrebbe gareggiato con Chelone e per Chelone, che era uno snowboarder e che all'Olimpiade avrebbe potuto esserci, non solo come tifoso. Morgan, la moglie di Miller, conferma che la richiesta per il superG non era esagerata, «solo qualche centesimo», perché Bode era convinto che la gara si sarebbe giocata sul filo. E così è stato, non tanto per le prime due posizioni, ma per il terzo posto, preso da Bode a pari merito con il veterano canadese Jan Hudec, con 2/100 di vantaggio sul giovanissimo austriaco Striedinger, 7/100 sull'altro austriaco Franz e 9/100 su Svindal, il grande deluso di questa prima parte di Olimpiade.
Ma se Miller ha potuto contare su un aiuto speciale («ma lascerei volentieri la medaglia per riavere indietro mio fratello»), a cosa si è aggrappato Andrew Weibrecht per vincere l'argento? La storia di questo americano ha dell'incredibile: quasi inesistente in coppa del mondo (due decimi posti i suoi migliori risultati in tutta la carriera), il biondo di Lake Placid è alla seconda medaglia olimpica. La prima, di bronzo, la vinse quattro anni fa sempre in superG, ancora una volta dividendo la gioia del podio con il suo idolo e ispiratore Bode Miller, che allora fu argento. Fra una medaglia e l'altra quattro interventi chirurgici che gli hanno impedito di esprimersi. Miller e Ligety hanno sempre esaltato le sue qualità, il problema è che in gara sbagliava sempre qualcosa. «Ma ho continuato a crederci, non ho mollato anche se negli ultimi anni è stata durissima, dopo quest'olimpiade avevo già previsto di ritirarmi, le motivazioni erano basse.
Prima di questa gara, saputo che mi era toccato il numero 29, ero preoccupato, ma mi sono sforzato di restare concentrato, provando a crederci ancora. E per la prima volta da non so quanto tempo sono riuscito a fare una discesa senza errori». E fra spiriti e fiducia, gli Stati Uniti hanno preso due medaglie in un colpo solo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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