Ranieri, trionfo e umiltà: "Sono sempre quello licenziato dalla Grecia"

"Uno scudetto da vecchio resta indimenticabile. Simbolo del made in Italy? Zola molto più di me"

Ranieri, trionfo e umiltà: "Sono sempre quello licenziato dalla Grecia"

Londra - Meglio tardi che mai. Soprattutto quando il primo campionato coincide con una favola globale. Che ha incantato tutto il mondo. Quando la scorsa estate il Leicester City aveva annunciato il suo ingaggio, la reazione dei più era stata di perplessità (eufemismo). Reduce dalla disastrosa esperienza sulla panchina della Grecia che oggi, mentre tutti lo celebrano, rivendica come una tappa di una carriera lunga tre decenni. «Io sono sempre lo stesso, uguale a quello licenziato dalla nazionale greca». Un bollito prima, un genio oggi. Gli eccessi del calcio contro cui Ranieri da sempre si batte invano. Gli chiedono cosa significhi aver vinto la Premier League, lui minimizza quasi divertito: «Vuol dire che ho fatto un buon lavoro». Da Lamezia Terme a Leicester, passando per quattro nazioni, successi e delusioni, ma soprattutto quel marchio di perdente di successo («zero titoli») che gli era stato affibbiato da un ex nemico, José Mourinho. Che pure ieri, come già in passato, si è complimentato. «Ho perso il titolo a vantaggio di Ranieri ed è con grande emozione che vivo questo momento magico della sua carriera», le sincere parole di congratulazione del portoghese.

Non cerca rivincite, però, Ranieri. Preferisci godersi il momento, addirittura schivo quando lo indicano come l'italiano che ha dato lustro al suo paese all'estero. «Preferisco pensare a Gianfranco Zola che nei suoi anni in Inghilterra è stato un esempio di professionalità. Tutti noi italiani ne abbiamo beneficiato dei suoi comportamenti eccezionali». Ha ereditato una squadra che aveva evitato la retrocessione per miracolo, trasformandola in un formidabile carrarmato di continuità: solo tre sconfitte al passivo. Senza ricette magiche, trucchi o alchimie tattiche: la forza della semplicità. Giornata dopo giornata si è sforzato di normalizzare quello che inizialmente era un fenomeno sorprendente, poi un'exploit entusiasmante, fino a diventare un'impresa storica. L'impossibile che diventa realtà, un sogno lungo nove mesi che avrebbe rischiato di schiacciare di pressione i suoi giocatori. Ranieri ha convinto i suoi ragazzi a crederci, pensando partita dopo partita. Un mantra nelle sue conferenze stampa. «La dedica non può che andare ai giocatori che sono stati fantastici. Ma questo titolo è per tutti, il presidente, i dirigenti, gli splendidi tifosi del Leicester che ci hanno trasmesso il loro incredibile entusiasmo».

Increduli ed entusiasti, ora innamorati del loro manager. Un sentimento ricambiato, che ha convinto Ranieri - in tempi non sospetti - a ignorare le possibili offerte della Federcalcio. «Il prossimo anno l'obiettivo sarà chiudere la stagione nella parte di sinistra della classifica. Non dobbiamo volare troppo in alto, viceversa rischiamo di cadere e farci male. Abbiamo un progetto di crescita che richiede tempo. Questa è stata una Premier League pazza, non saremmo dovuti essere lassù anche se lo abbiamo meritato». Sarà stata una coincidenza di fattori favorevoli, o il volere degli Dei del Pallone, sta di fatto che a 65 anni Ranieri ha finalmente vinto il suo primo titolo nazionale. «Se lo avessi vinto all'inizio della mia carriera, forse avrei potuto dimenticarlo. Ma ora sono vecchio e posso ricordarlo.

Non so quale sia il nostro segreto: i giocatori hanno dato cuore e anima. E' il modo in cui giocano. Ora andiamo avanti. Vogliamo migliorare e molto». Non sarà facile, anzi forse impossibile. Ma questo oggi conta poco, anzi nulla.

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