Un Real Madrid sempre meno laicista e più interessato alle tradizioni cattoliche è quello che emerge dagli ultimi tre eventi cristiani verificatisi in casa dei blancos, freschi vincitori della terza Champions League consecutiva.
Andiamo con ordine. Prima della gara vittoriosa contro il Liverpool, che ha assicurato alle merengues la tredicesima coppa dei campioni della loro storia calcistica, il 24enne talentuoso centrocampista del Real Madrid Mateo Kovacic, che a giugno disputerà la Coppa del Mondo di calcio con la sua Croazia, si è preparato per bene. Ma come? Andando a messa.
Il madrilista ha infatti più volte dichiarato che “la domenica vado a messa, qui a Madrid, in una chiesa vicino a casa mia. E prima di giocare prego sempre. È molto importante per me”.
Kovacic, che conduce una vita molto discreta circondato dalla sua famiglia, è devotissimo di Sant’Antonio di Padova e, come ex voto, sfoggia sui suoi parastinchi un'immagine del celebre santo, in segno di riconoscenza per essersi ripreso dopo un grave infortunio avvenuto nel 2009 (quando fu costretto a stare dieci mesi lontano dai campi da gioco per una doppia frattura della tibia e del pèrone).
Il giocatore del Real Madrid ha vissuto un’infanzia difficile. Nato il 6 maggio 1994 a Linz, i suoi genitori si erano trasferiti alcuni anni prima nella città austriaca in fuga dalla guerra nei Balcani, dopo essere scappati da Kotor Varos, posto che fu distrutto dai serbi.
"Era un bambino calmo, coraggioso e molto religioso. Andava in chiesa ogni domenica e officiava come chierichetto", hanno ricordato qualche tempo fa i suoi genitori.
Lo stesso Kovacic ha spesso dichiarato che la fede è l'unica cosa che gli ha dato forza. "Ho fatto affidamento sulla forza di Gesù per superare quel brutto momento. Sono sicuramente tornato più forte grazie a Lui. Sono esperienze che ti fanno crescere, anche mentalmente. Come ogni persona normale, ho le mie ferite e le mie debolezze, e la preghiera e la fede mi aiutano a superarla".
Sposato con la modella croata Isabel Andrijanic, anche la loro storia ha un legame con la fede cattolica. La Andrijanic era una cantante nel coro della chiesa che frequentava Kovacic e nei momenti che condividevano insieme si è consolidato il loro amore.
"Quando credi in Gesù, non hai paura del diavolo", commentò Kovacic, riferendosi seriamente al nomignolo dato al Milan, quando militava con l’Inter (con i nerazzurri ha disputato 97 partite e segnato 8 reti).
Kovacic aveva confessato di essersi recato al Santuario mariano di Medjugorje (enclave croata cattolica in territorio bosniaco musulmano) nel periodo in cui ha ricevuto la chiamata dall'Inter. L’esperienza nella cittadina dove, dal 1981 sei veggenti vedrebbero la Beata Vergine Maria (il Vaticano non ha ancora ufficialmente riconosciuto le apparizioni), Kovacic l’ha commentata così: "È qualcosa di veramente meraviglioso per me. Qui puoi andare a messa tutti i giorni. È davvero bello essere qui, e sono orgoglioso di vedere che siamo sempre i benvenuti in Erzegovina".
La seconda esperienza cattolica, stavolta vissuta dall’intero club madrileno, è accaduta dopo la conquista della Champions League.
Il Real Madrid ha solennemente offerto la sua vittoria alla Virgen de la Almudena.
Domenica 27 maggio, prima di dirigersi verso la Plaza de Cibeles, dove di solito si tengono i festeggiamenti per i titoli conquistati, il consiglio, lo staff tecnico ed i giocatori del Real sono arrivati presso la Cattedrale di Nostra Signora dell'Almudena, patrona della città, dove sono stati ricevuti dal vescovo ausiliare, monsignor Jesús Vidal.
Come riportato dall'Arcidiocesi di Madrid, il Prelato ha ringraziato per il gesto, ricordando che Cattedrale è la "casa di tutti i madrileni" ed ha sottolineato ai calciatori: "molti bambini vi guardano. Il vostro esempio è importante".
Da parte sua, il presidente del Real Madrid, Florentino Perez, ha dichiarato che la Champions League è stata raggiunta con "spirito di squadra" e uno "sforzo costante per migliorare". Ha anche sottolineato il lavoro svolto dal club attraverso una fondazione filantropica che si "impegna a lottare per un mondo migliore e più giusto".
Dopo una preghiera letta dal giocatore Jesus Vallejo, con Sergio Ramos e il brasiliano Marcelo in testa, la squadra è salita sull’altare della Vergine per offrirle la coppa.
Sebbene il Real Madrid abbia voluto dedicare questo trionfo alla Madre di Dio, c’è da ricordare che nel recente passato la squadra non si è dimostrata così attenta ai valori cristiani.
Nel 2017 ha firmato un accordo con il gruppo Marka degli Emirati Arabi per fabbricare e distribuire i suoi prodotti nella penisola arabica e una parte fondamentale dell'accordo è stata la decisione di rimuovere la croce del suo scudo dalle magliette e da altri indumenti, in modo da non "offendere" la sensibilità dei musulmani.
Adesso, a distanza di dodici anni dall’ultima volta che il Real Madrid aveva presentato i suoi trofei alla santa patrona della capitale spagnola, il club, capitanato dal presidente Florentino Pérez, è ritornato a riscoprire la patrona, che in città viene festeggiata solennemente il 9 novembre di ogni anno.
La terza notizia che riguarda una forte esperienza di fede di un giocatore madrileno è quella relativa all’anteprima spagnola, il prossimo primo giugno, di un documentario, distribuito da Yelmo Cines, che racconta le vicissitudini di Keylor Navas, il portiere dei campioni d’Europa.
'Hombre de fe', che ha recentemente debuttato al Festival di Cannes, è il docu-film che racconta la vita di Keylor Navas dalla dura infanzia fino ai trionfi col Real.
Navas ha vissuto in una zona rurale della Costa Rica chiamata Pérez Zeledón. Suo padre lo abbandonò quando era solo un bambino e quello che lo sosteneva era indubbiamente la sua fede. Una fede che non è passata inosservata in alcuni stadi dove l'hanno insultato per questo. Ma la sua reazione non si è fatta attendere: "continuerò a farlo, anche se ci sono persone che mi dicono che sono uno stronzo perché pensano che Dio non esiste. Se mi interessasse ciò che la gente pensa di me, smetterei di pregare". Il ricordo di Navas in particolare è quello relativo alla finale di Champions League di tre anni fa, quando, poco prima dei calci di rigore contro l’Atletico, si inginocchiò sulla linea della sua porta e alzando le braccia al cielo pregò. "Non ricordavo un membro della famiglia deceduto, pregavo Dio".
"Ho pianto molto dopo aver visto il docu-film", ha detto Navas, ricordando che "non è facile mostrare la tua vita ad altre persone ed è stato fatto con l'idea di trasmettere i miei valori e non lodare la mia persona".
"Sono molto grato a Dio e molto felice perché questo è qualcosa di importante per me. È una grande soddisfazione cercare di trasmettere un messaggio di fede a tutti i bambini che mi seguono in tutto il mondo. Ho sempre cercato di essere un esempio per loro e mostrare loro che devono affrontare le circostanze anche se sono avverse", ha aggiunto.
Il portiere ha insistito sul fatto che tutte le persone devono lottare per i propri sogni: "Ho sempre detto che se Dio mi dà l'opportunità, combatterò per ottenere una cosa. Tutte le persone devono lavorare per ottenere quello che vogliono e che è nei piani di Dio".
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