Samurai Zac per lasciare il segno

Il Giappone si affida a Zaccheroni: "Ha capito il nostro popolo". L'esame Drogba è già decisivo

Samurai Zac per lasciare il segno

È il suo primo mondiale. Forse sarà anche l'ultimo ma non ha certo perso il sonno e neanche l'appetito. Perché Alberto Zaccheroni ha sempre nuotato contro corrente nel calcio, partendo da molto lontano, convinto di avere idee buonissime e occhio sveglio per farsi largo. È pronto a difendere e a rintuzzare le critiche sul suo conto con quell'aspetto bonario che non deve mai essere preso per indolenza. Alberto Zaccheroni, 61 anni appena compiuti ad aprile, si è guadagnato ogni panchina, dalle prime in Romagna fino allo scudetto col Milan e adesso al mondiale con il Giappone. Lo amano e lo rispettano i suoi blu samurai, lo discutono e lo censurano i media che hanno forse un debole per i brasiliani e si fidano poco di chi ama la piadina invece del sushi. Eppure la qualificazione in Brasile, raggiunta per primo che deve avere pure un qualche significato tecnico, è da considerarsi un risultato di prestigio. Appena appena inferiore alla coppa d'Asia vinta nel 2011, una sorta di scudetto per Alberto che dopo il trionfo tricolore col Milan non riuscì a ripetertsi in stagioni avventurose nell'altra Milano, con l'Inter, e a Tolrino con la Juve. «Zaccheroni ha capito il nostro popolo» è stato il complimento più inatteso firmato da una delle stelle della nazionale giapponese, Maya Yoshida. Vale più di una laurea specie se aggiunta all'altro riconoscimento pubblico: «Ci ha aiutato a imparare come competere con le migliori nazionali europee pur mantenendo il nostro stile».

Il debutto con la Costa d'Avorio è carico di suspense, con qualche incrocio suggestivo, tipo la presenza sulla panchina africana di Sabri Lamouchi, che fu allievo di Zaccheroni ai tempi di Appiano Gentile, ma può subito declinare il futuro del Giappone che vive come un successo strepitoso lo sbarco negli ottavi. Utile l'esperienza di un anno prima nella Confederation cup che oscurò la fama di Zac ma esaltò la stella di Keisuke Honda, ieri la sua festa di compleanno, 28 anni, poi passato al Milan con esiti non proprio esaltanti. Ma in questi giorni di preparazione maniacale al mondiale, è venuto fuori un dettaglio su Honda che può rappresentare una convincente spiegazione delle sue perfomances deludenti. Non fu solo una questione di ruolo, come si pensò e si scrisse in quel di Milanello. No. Honda, nei mesi precedenti al trasferimento da Mosca a Milano, si è sottoposto a un intervento chirurgico alla tiroide, particolare conosciuto dai medici italiani all'atto delle visite mediche ma taciuto per evidenti motivi di privacy. Qualche giornale giapponese ha tra l'altro romanzato sulla vicenda sostenendo che addirittura il look di Honda, sempre vestito in modo classico, con camicia abbottonata e cravatta, fu una conseguenza dell'intervento. Insomma non aveva voglia di far vedere il cerotto.

Può darsi che Honda abbia patito, passando dal calcio russo a quello italiano, oltre che il cambio di alimentazione, metodi di allenamento e stile tattico, anche gli effetti dell'intervento. Un solo gol, firmato a Genova, in campionato e nessuna presenza in Champions per aver giocato la prima fase con lo Spartak di Mosca sono il suo bilancio deludente. Di certo Zaccheroni che ha sempre lucidato l'oro zecchino del suo samurai preferito, e il Giappone continuano a puntare sul talento numero 1 per uscire vivi dalla sfida con gli ivoriani che si sono presentati in Brasile imbattuti. «Sappiamo quel che dobbiamo fare», è la frase di Zaccheroni.

Può sembrare degna di un cruciverba ed è invece la sintesi di giorni interi dedicati ai filmati dei rivali, allo studio meticoloso di dettagli capaci di scavare la differenza. E far conoscere al grande pubblico del mondiale questo romagnolo che ha impiegato pochi mesi a capire il Giappone.

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